lunedì 19 marzo 2012

Cassetto n°25


Comunità, Riolo, salgo le scale, cammino cammino cammino, vedo la macchia sullo scalino di marmo, quella a forma di occhio, ci penso un attimo, come sempre, ma poi la passo che mi pare già un pesce o forse solo un occhio di pesce. Passo doppio, saltello a piedi uniti, come da piccolo, scalini a due due per arrivare prima alla 14...cazzo, la caviglia! Se ci penso bene, ma proprio bene, era il 2008, la volta più bella, in mezzo a tutti i gradini fatti, alcuni che non esistono più, mi chiedo dove finiranno miliardi di passi fatti in scale distrutte...certo non qui... Nella mano tengo un lungo serramanico, grossolano arburese con manico in osso, ferro di lama a foglia, forgiato da pastori.  
Non ho dato nessuna moneta in pegno al fresco regalo del Dottor Vinci, regalo brutale, senza preavviso. Le persone-oltre prendono strani momenti per metterti qualcosa in mano, momenti che gli altri non hanno. Capisci solo dopo anni cosa ti stavano dicendo e capisci pure poco, se non di averli incontrati.
Io e il Dottore parlavamo di coltelli e di pietra serena, quella sera, pietra ottima per arrotare, mentre si esaurivano abbondanti porzioni di Teroldego, da bicchierini in plastica e cicche fumose schizzavano nel camino. 
Il tempo passava piano, in quella comunità e non sapevo, salendo le scale, che quella sarebbe stata la volta migliore, la miglior salita, ed era già conclusa.

Nessun commento:

Posta un commento