Si svegliò con le prime luci del
giorno, aveva le coperte che lo avvolgevano da appena sopra il mento
fino ai talloni dei piedi. Non aveva puntato la sveglia, era solito
destarsi in quelle ore anche quando non aveva nulla da fare. Come
quel mattino. La spesa era stata già fatta il giorno prima, il
giovedì, il giorno della spesa. Si dedicava al rito della spesa il
lunedì e il giovedì dalle nove alle dieci. Comprava latte,
insalata, verdura, salcicce, pasta, biscotti secchi e gelato in
scatola panna e fragola; cassa quattro. Ma quel mattino no, non
doveva fare la spesa. Si levò la coperta e il lenzuolo di dosso e
con un solo gesto mise i piedi per terra. Gli capitava di fare quel
gesto ogni mattina, ma quella mattina era diversa. Le ciabatte erano
sempre ai piedi del letto e lui le centrava con una certa precisione
tutte le volte. Inconsciamente sapeva dov’erano. Ma questa volta
no. Le piante dei piedi avevano toccato il freddo pavimento anziché
la superficie delle ciabatte. Con gli occhi semichiusi, incapaci di
vedere, calpestò intorno a quella zona, prima con un piede, poi con
l’altro. Niente, delle ciabatte neanche l’ombra. Avendo
recuperato una visione più nitida della stanza iniziò a guardarsi
intorno. Gli sembrò strano non trovarle lì, al solito posto e
ancora più strano gli sembrò quando non le vide nella zona
limitrofa al letto. Sospettò di averle scalciate inavvertitamente
prima di coricarsi e nonostante il mal di schiena si chinò a gattoni
per guardare sotto il letto. Niente. Solo grossi grumi di polvere che
si ripromise di spazzare non appena avesse trovato le ciabatte. Si
sentì ansioso, ma meno del solito. Quando qualcosa usciva dalla sua
routine lo spaventava, anche una sciocchezza come questa. Poi
cominciò ad innervosirsi; con se stesso naturalmente, con chi altri?
Non di certo con le ciabatte. Decise però di muoversi a svolgere le
sue funzioni mattutine, non si poteva tralasciare nulla, la giornata
era iniziata nel modo peggiore, bisognava riportare tutto alla
quadratura. I piedi calpestavano residui di sabbia finissima portata
in casa dalle scarpe e minuscoli granelli di polvere. Ma le pulizie
dovevano attendere le otto di quel giorno. Ne prima, ne dopo. Dal
corridoio semibuio entrò nel soggiorno. Premette una, due, tre volte
l’interruttore della luce; luce accesa. Aprì le serrande e poi
premette di nuovo l’interruttore una, due, tre volte; luce spenta.
Un sole tiepido illuminava le prime ore di quel mattino. Si diresse
in cucina e si lavò le mani attentamente con una saponetta nuova,
che gettò nel bidone dopo averla usata. Fatto ciò mise su l’acqua
per il the.
Entrando in bagno si ricordò di essere
ancora scalzo. Questa volta non si innervosì, anzi era contento.
Non
gli capitava di frequente di passare sopra a una delle sue abitudini
così, senza andare in crisi e rovinarsi la giornata. Sì, ma le
ciabatte dov’erano? Non le aveva ancora viste. Eppure ricordava di
essersele tolte prima di coricarsi.
Dopo aver urinato ed espletato le
abluzioni di quella mattina, si versò finalmente il the e prese i
suoi uno, due, tre biscotti secchi, col quale, si nutriva per
colazione ogni giorno. Si mise a sedere appoggiando il tutto in
bell’ordine davanti a lui, sul tavolo. Rimase in contemplazione
qualche secondo, osservando quelle poche cose. Poi girò il manico
della tazza verso la finestra, come faceva sempre e intinse la metà
perfetta del primo biscotto dandoci immediatamente un morso. Ripose
la metà, non impregnata di the, sul tovagliolo e fece lo stesso con
gli altri due biscotti. Fatto ciò, immerse le metà rimanenti nella
tazza e con straordinaria maestria le recuperò tutte con il
cucchiaino e le masticò compiaciuto. Era un rito che ripeteva ogni
mattina, ma non l’aveva fatto mai a piedi scalzi. La cosa che
riteneva straordinaria di quella giornata, era che ormai non gli
importava più di non avere ai piedi le sue comode ciabatte ed era un
sollievo. Era abituato ad avere tutto programmato e tutto quello che
faceva aveva un rito ben preciso. Fuori da quelle abitudini si
sentiva perso, ma stavolta no. Guardò fuori, nonostante fosse ancora
molto freddo si stava preparando un’ottima giornata di sole. Si
sentiva addirittura un odore diverso nell’aria, che riusciva a
traspirare pure dalle finestre chiuse. Sì era proprio una bella
giornata.
Poi ebbe una illuminazione. Perché
rimanere intrappolato in casa? Aveva passato una vita schiavo delle
sue ossessioni, in un tracciato definito dal quale non poteva
sconfinare. O meglio: dal quale non voleva sconfinare. Perché tutte
queste paure? Era riuscito a svolgere le funzioni mattutine da
scalzo, poteva anche decidere di non bere l’intera tazza di te
oggi. O addirittura concludere la colazione con il gelato panna e
fragola, che era invece il dessert del venerdì sera. Migliaia di
nuove opzioni occupavano la sua mente. Si sentì di nuovo vivo.
“Quando ho iniziato ad avere così paura di vivere?” non se lo
ricordava. Anzi non gli importava. Lasciò tutto sul tavolo e una
vocina dentro di lui gli suggeriva: “lava la tazza e il cucchiaio,
metti in lavatrice il tovagliolo, leva le briciole dalla tavola. Devi
farlo!”. Si era scollegato da se stesso, era incontrollabile,
doveva uscire, doveva respirare quell’aria portata dal vento quella
mattina. Aveva voglia di pane caldo, di risentire quel sapore. Si
sarebbe diretto in un altro forno stavolta, in quello nel quale
sarebbe voluto andare tante volte, ma non riusciva, non si fidava. Si
vestì in fretta “non tralasciare nessun bottone della camicia o
qualcuno se ne accorgerà, riderà di te. Devi farlo!” disse la
vocina dentro di lui. Nessuno avrebbe riso, pensava: “ma cosa avevo
in mente?”. Si sentiva come rinato, al centro di una vita nuova
tutta da vivere. “È così che ci si sente a non avere paura?”.
Poi aprì la scarpiera e vide che tutte
le scarpe erano sparite. Anche quelle della domenica che si metteva
per andare in chiesa e col quale aveva paura di calpestare le crepe
sul marciapiede. Rimase basito davanti agli scomparti vuoti del
mobile. Prima le ciabatte, ora le scarpe. Era molto strano. Dov’erano
finite le scarpe? Pensò subito a un ladro. Ma quale ladro ruberebbe
solo scarpe e ciabatte. Cose di poco valore.
Si ricordò di quando era bambino, suo
padre sul letto di morte gli aveva raccontato dell’importanza delle
scarpe. L’importanza di proteggere i piedi durante la guerra. Chi
non ha buone scarpe non si muove, non cerca cibo, non scappa “Senza
scarpe sei morto”diceva.
Aprì la finestra. Sembrava che il
tempo si fosse fermato, non era neanche più freddo. Tornò a letto a
respirare quell’aria profumata.
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