giovedì 26 settembre 2013

Cassetto n°103

Entra un grassone ben vestito, prende il tavolo migliore, modi spicci, esigenti, in un completo fresco lana. Si va a posizionare dietro la colonna, un tavolo da quattro, solo per lui.
Butta la giacca sullo schienale, l'Ipod, L'Ipad e si siede con un tonfo e un sospiro: giornataccia.
Si tira su i pantaloni che tirano alle ginocchia, scopre scarpe lucide, lucidissime. 
Alza una mano 
- Un cameriere, prego e una naturale!
Arrivo subito con la bottiglia ghiacciata in mano: Cosa le porto?
- Niente, so già che nel menù non c'è nulla, nulla che mi vada.
Quello si alza e con un gesto plateale si slaccia la cintura e lascia cadere i pantaloni a terra.
- Vorrei che mi cucinasse i miei coglioni!
- Prego?
- Ho detto, e guardi che odio ripetermi, che voglio che mi cuciniate i miei bei due coglioni!
Mi guarda fisso, è estremamente serio, il viso è paonazzo, solo un po' stanco.
Non afferro, esploro mentalmente le parole, scompongo la frase, me la vedo scritta sulla lavagna, ha veramente detto che vuole mangiarsi le palle? Non sbaglio.
- Insomma che fate, è un ristorante o no questo? Posso comprare questo posto domattina, se mi va, anche stasera. Vuol portare qua si o no un bel coltello da bistecca? Suvvia che poi procedo io stesso ad asportarmeli.
- Scusi signore, io non capisco, ma è uno scherzo? 
- Ti sembra che sia venuto quassù a scherzare, è uno scherzo che tu sia ancora lì a guardarmi, forza lavora, corri, corri in cucina.
- Io non credo di…devo andare in cucina, forse.
- Vai lesto ragazzo, ho qui in tasca una banconota da cento, per te, se avrò il mio coltello da carne davanti, entro un minuto, dopo di che, con calma, mi segherò via i coglioni e te li consegnerò in un bel piatto con del ghiaccio e me li riporterai saltati alla brace, al naturale, magari con un po' di timo e una mousse di asparagi di guarnizione, se lo chef approva.
- Io la prego di ripensarci signore, io…
- Taci cameriere! La tua linguaccia ti ha appena ridotto la mancia a soli 50 euro.

- Un uomo, un uomo sano di mente, avrà pur il diritto di assaggiare che sapore hanno le sue palle scottate sulla graticola? Dopo anni passati a portarsele appresso per il mondo, a grattarsele, a ungerle di creme costose. Chi sei tu per impedirmelo? Chi è chiunque, qui dentro, per dirmi cosa fare?
- Io?Non lo so, nessuno, signore...
- Bravo! Ho lavorato quarant'anni, costruito sei case in due continenti, ho uno yacht, una piccola scuderia in Andalusia, ho sposato tre figlie, il tutto per venire qui, stasera, a sentirmi dire che non posso mangiare le mie palle? Ora vai e torna col coltello e del Chateau Lafite, fresco fresco.
- Allora intanto controllo se c'è il vino...
- No, non fare il furbo, lo so che c'è il vino, ho chiamato ieri, alle 19, per farlo mettere in fresco.
- Allora le porto subito il suo Chateau e...
- E il coltello! Non provarci a chiamare la Polizia! Ah che meraviglia! Non vedo l'ora di sentire quella carne tenera ma croccante sotto il palato.
- Ma morirà….
- Non dire sciocchezze! Hai davanti il miglior chirurgo della porzione nordeuropea del globo, cattedra a Madrid, lavoro tra Roma e Spagna, il mio tempo vale seimila euro l'ora. Quindi mi devi già quattrocento euro, giovanotto...
Col piede mi avvicina una ventiquattrore nuova di zecca che era sotto il tavolo, la tocca piano con la punta delle scarpe nere laccate  
PAT PAT
- Ho tutto il necessario qua dentro! So bene quello che faccio. Poi, morire…non siamo forse già tutti morti? Io ho deciso che voglio farlo, io posso farlo perché mi va, perché è stasera che va fatto, perché poi, tolti i successi, i soldi, i riconoscimenti, non ho deciso nulla nella mia vita, dal giorno dell'ingresso a medicina a oggi, non ho più preso una direzione.

Non so più che dire, ma quest'uomo non è un folle, non suda, non ha occhi sbarrati o la voce rotta dal germe paranoico. Io non capisco, a me sembra normale, lucido: un commercialista, il proprietario di un albergo in centro, uno che compra il pane di fianco a me la mattina.
E mi guarda dritto, aspetta che faccia qualcosa, che mi muova.
- Facciamo che non aspetto più e tiro fuori una moneta, se atterra sul mio palmo testa esegui quello che ti ho detto piantandola di sgranare quei due occhi vuoti da pesce, se sarà croce, tolgo il disturbo prendo la valigetta e ti porgo le mie scuse più sincere per averti tanto imbarazzato.
- Io...affidare una cosa così alla moneta, non posso dottore!
- Io posso, invece e ora la lancio e tu esegui, accetti, devi accettare il piano perché è il mio piano, perché un uomo senza decidere cos'è, dimmelo, cos'è un uomo?
Nulla, penso e lo dico: - io penso che senza decidere un uomo sia Nulla!
- Ooh bravo! Incominciamo a entrare nel merito, esatto, hai deciso di essere qua, stasera? Sei uscito dicendo "io ora voglio consapevolmente andare al ristorante a servire dei vecchi pazzi con piatti mediocri dal prezzo deduplicato"? No, io non credo
- No, in effetti io lo faccio e basta, devo farlo, ho una casa, un mutuo...
- Per favore, tutti abbiamo un mutuo.  Ascoltami, guarda la moneta, io la lancio e poi mangerò le mie palle, perché è testa che uscirà. Se non uscirà testa, nel caso su un miliardesimo che io mi sbagli, il fato avrà voluto che non lo faccia qui, non che non lo faccia e basta. Io decido questa volta di mangiare i miei vecchi testicoli ragazzo. Forse capirai tra una ventina d'anni quello che sto dicendo ora, forse quando avrai estinto il tuo mutuo. La scelta, ragazzo, io non pensavo che qua la scelta c'entrasse tanto.
Vado verso la cucina mentre lo sento urlare dietro le spalle: TESTAAAAA, le mie Sacre Palleeeeee, eccoleee sono mieeee! 
Ed è felice, come un bambino, felice come non ricordavo si potesse essere, vado verso la cucina, ho ancora un po' per pensarci, un po' di passi. Entro, Ameen, il cuoco pakistano mi guarda: -
- Claudio, che faccia hai? Hai ricominciato a bere?

- No Ameen, non ho bevuto un dannato goccio, so solo che non ricordo mai dove cazzo mettiamo i coltelli da bistecca…

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