mercoledì 31 ottobre 2012

Cassetto n°65

Prendere del tempo, dell'acqua da bere alla tua piantina, ne ho comprato tre bottigliette al bar Centrale, per quella piantina. Solo per darle qualche giorno in più, per dirti che l'avrei fatto.
Oggi siamo lontani, provvisti di tempo, tempo anche se non possiamo toccarci, è corrida timida, banderillas che sbattono.
Vorrei essere un filo tra le nostre due case, tra queste due case da colorare, spazio per quelle linne. 
Linee rette, trema il suolo dove picchiano sul pavimento, e ci trovi il cielo.

mercoledì 24 ottobre 2012

Cassetto n°64

Pensavo alle statistiche, mi capita spesso nelle giornate senza ritmo, mi capita di pensare ai tempi morti.
Per esempio in questi giorni ogni volta che prendo una maglia, la infilo a caso, la infilo sempre dalla parte sbagliata, a rovescio. Cioè per le statistiche dovrebbe essere una volta su due, una su tre. non capisco, non afferro mica.
Sarà che ho questo preciso problema con le scelte, da due tre anni, con le direzioni e con l'orientamento in generale e non è che poi tante cose si possano risolvere con un caffè, no, decisamente no. Stavo appunto meditando su faccende per me complesse, quando ho deciso di accantonare decisamente la faccenda per proseguire a fissare con fermezza il soffitto.
La giornata è perfettamente risolvibile, vado a prendere le sigarette, zero prendere aerei e trovare sé stessi...torno sempre qui.

domenica 21 ottobre 2012

Cassetto n°63

-si può solo salire!-
Inaugurava un appartamento, un progetto: Nebbia iniziava sempre qualcosa, trasparente come velina, solo che da piccolo non glielo avevano detto e lui giocava all'ombra.
-sono mostruosamente povero!-  prima volta, dalla sua partenza, aveva il coraggio di dirlo ad alta voce, era steso sul materasso,  col soffitto sopra al petto e una croce di sigarette. 
Gli altri inquilini, per lui, mica esistevano.
Nebbia uscì dall'appartamento per il pranzo, i morsi della fame, due passi ed erano già  le tre, tutto chiuso, invisibile per quelle strade che erano un ripetersi di agenzie di lavoro e di sale scommesse.
Potevi percorrerle per giorni, le strade, sempre uguali, come in auto gli sfondi dei vecchi film, ogni tre secondi, dietro, ecco la stessa casa con lo stesso cavallo.
Non trovò nulla di aperto, schiacciatine e brik ai distributori automatici, il suo primo pranzo in città, fila con gli operai e i muratori. -si può solo salire,  tutti tirano su il grano per campare!-
La fortuna era una bestia paziente, in autunno la sentiva sempre vicina, sulla sua scia, i colori indicavano questo, con gli odori provenienti dalle cucine, dalle cantine, che un uomo non deve rendersi invisibile alla fortuna.
Nebbia, reperibile ai contatti utili, cauto nelle apparizioni, zero mondanità. Per prima cosa, voleva coprire il materasso, così spoglio era una delle scene più misere del mondo: -Devi dormire nel pulito, scopare a terra  e mangiare tre volte al giorno...-
Poi aveva il numero di Aldo, un lavoro da carpentiere, fuori città, colleghi interessati all'erba, forse e quindi anche le cose sarebbero iniziate a girare piano, nella pentola.
Poi sedia davanti alla finestra e agendina, due telefoni, tracce, fortuna da impacchettare, spedire e incassare, per poi fare nuove spedizioni.
Nebbia tornava nuovo, un addetto recupero crediti del tempo perso, del tempo da schiarire, tempo buio che pioveva, per una fortuna che, se non passa, tocca muovere le acque, tocca prepararle qualche trappola.
Aldo l'avrebbe assunto, qualche aperitivo, una serata a ubriacarsi e poi il tempo delle confidenze e per Nebbia di riprendersi la sua fetta.
- si può solo salire-

mercoledì 17 ottobre 2012

Cassetto n°62


Le strade di Madrid brulicano di vita, da Puerta del Sol un solo grande raggio concentrico si infila sotto le serrande alzate delle cervezerie, nelle gallerie della Metro, spalancate come bocche dell'inferno.
-Madrid è sporca- penso, ma l'enorme albero di natale a forma di cono, piramide luminosa al centro della piazza attira il mio sguardo, mi piace una città con un albero tanto grande da entrarvi dentro. Rilassanti luci verdi, rosse al led. Alzo gli occhi e mi brontola il vuoto nello stomaco.
Cammino alla ricerca di un posto dove mangiare, mi sono imbarcato da Bologna, da solo, tre giorni fa. Entro in un fast food tipo americano,  ma si servono piatti madrileni: una bettola unta e stretta che si potrebbe trovare uguale dovunque in Europa.
Ordino un hamburger e una cerveza media, pochi euro, ma intorno, nessun tavolo libero, nessuno dei tre. Faccio un cenno alle due colombiane che occupano una lunga panca, a fianco a quello che è il tavolo più grande del locale. Loro ridacchiarono e fanno posto. Una carina, una no.
Appena sbrigate le presentazioni di rito mangio in fretta, di gusto, senza alzare la testa se non per chiedere il ketchup o versare un pò di birra nei loro bicchieri, in pace, lontano da casa, finalmente, solo

domenica 14 ottobre 2012

Cassetto n°61

Ogni giorno, la mattina è un dramma, perchè la gente mi chiede le cose. Allora io apro la porta, c'è la nebbia, scaldo le vivande, il latte, caffè, poi li sento muovere e prego stiano in camera, nella loro stanza.
Poi si svegliano sempre troppo presto, sognano poco e allora li aspetto, alla scrivania con una specie di sorriso, ma lo sappiamo che non c'è nulla da fare qui. Lo sappiamo che è una specie di sorriso, solo aspettare e impostare sorrisetti: -la colazione è pronta ragazzi!- e vai di sorrisetto. Perchè mancano i fondi,  mancano i contenuti, non si fanno mica i miracoli, no?
Poi io ci penso bene, a me, una volta fare i miracoli sarebbe anche piaciuto, che i contenuti pensavo di averli e un pò sta posizione inizio ad odiarla, ma ad odiarla piano, come si odia davvero, come un fiume piatto e scuro. E adesso sto qui, in una casa, che arrivano la mattina e mi sento tremendamente colpevole a non aver altro da proporre che tre biscotti e del latte.
Ma mica buono, no, quello dell'Eurospin.

lunedì 8 ottobre 2012

Cassetto n°60


Era più facile non pensarci, cioè guardare dritto e guidare, fosse stato facile guidare,  guidare e basta, lasciar passare vecchietta con cane e parcheggiare nel solito posto. 
Ma altrettanto facile sarebbe andare alla Sala Slot e buttarli lì, quei centoottantatre euro e centesimi, oppure berseli, bruciarli in chiesa.
Il capo gli aveva dato questo: un assegno da centoottantatre euro e venti centesimi, due minuti prima di lasciarlo a spasso. Nessun lavoro, niente:
-è che sto periodo, che poi lo sai anche tu,  che siamo tutti lì lì...-
-Si, ma io, brutto stronzo, domani sto a casa, mica tu. Non hai un figlio, tu che giri con l’Alfa Brera  e vai a mangiare il pesce!-
Gli venne in mente il 1973, suo padre, che perse il lavoro in segheria, fallimento della ditta.
Suo padre rientrò a casa, salì in camera e ci restò un mese, chiuso. Sua madre continuava a dire che non aveva perso il lavoro, che lui voleva solo dormire un pochino. Poi una mattina, che era venerdì di Aprile, lui era dritto in mezzo alle scale, accappatoio in flanella e barba appena fatta:
-sono tornato! Ho solo dormito un po’- Suo babbo era un vincente, non si piegava mai. Il giorno che morì ordinò champagne per tutti, in camera di ospedale. 
Fosse stato anche ricco, magari...
Ora lui rientrava a casa, quattro lettere sul tavolino, due erano bollette, una pubblicità di una palestra e una  Ministero Grazia e Giustizia.
Quattro anni prima allo stadio aveva accoltellato un tipo in una rissa. Una parola sbagliata, due graffi. Anche allora non aveva lavoro, in zona di guerra, trentacinque anni, che a pensarci bene, era più abituato a  prenderle, le coltellate.  
Prese un libro qualsiasi dalla mensola, lesse una riga a caso:

[...i muscoli restavano contratti, non si scioglievano. Schwartz auscultò il cuore e non sentì battiti.
Sopraffatto dall'orrore di sè stesso, cercò di rimettersi in piedi. Aveva ucciso un uomo!
Poi un'ondata di stupore...]

Chiuse il libro, si sentiva proprio così.

martedì 2 ottobre 2012

Cassetto n°59

requiem delle parole  tossite fuori come abbai  ho provato giorni più densi ho grattato miserie più nere droghe più buone  per sognare infine solo quello che già avevo  ascolto pianoforti e rullanti ansie segrete coperte corte  non prendete tutto e chiudetemi l'ombra prima di uscire   perpiacere  non riesco le mie braccia sono ancora piene di tracce  quella è la via vi prego di non restarmi dentro