lunedì 28 maggio 2012

Cassetto n°40


Prima dose: le parole
-non è affatto scontato quello che stiamo vivendo!! e vattene affanculo, vattene via!-
Luca urla, lavando i piatti, distratto, meccanico, intanto guarda i rami dei pioppi, fuori. Sono le mani di sua madre e ci si aggrappa a quei fili, disegnano ombre sbieche sulle pareti, ora senza soffitto. Vorrebbe buttarsi contro quel cielo, ma c'è Giulia, che lo fissa, lei se ne sta andando...è la volta buona:
-eppure vederti così depresso non mi aiuta, staremo meglio da soli, tienimi informata, fidati. Tieniti vivo!-
Lui deperisce piano, con costanza, sceglie la parte in ombra del muro, ormai Icaro ha entrambe le ali bruciate. 

Seconda dose: il controllo
Il nuovo appartamento, lei, lo ha scelto in fretta, ha un bell'ingresso, pareti gialle, una stupida veduta di Manhattan e la cucina a posto, ma le piacciono solo le fioriere, le riempirà di zinnie,  le riempirà di parole e di barriere, l'acqua colerà giù dal muro, insulti coi vicini. Deve lasciare questa mansarda, chiuderci dentro Luca, vuole tornare al sole.
Ogni cassetto scoppia di blister, capsule di diversa forma e colore, tessere chimiche di mosaico: Zoloft, Depakin Chrono 300, Depakin 500, Tavor, Carbolithium, non hanno mai funzionato, neanche un mese, neanche un giorno.
Il frigorifero è vuoto, scaffali da emporio fallito, aria fredda, che sibila tra le grate, aria azzurra non riempirà più  con frutta e verdura che avvizzisce, basterà l'ero a sfamarlo.

Lui la tiene ancora ferma, con una frase, ancora alla porta:
-ma sai cosa mi solleva, ora, la notte? i programmi stupidi della TV, senza senso, potermi gestire quel tempo, da solo e non averti qui, alzata, a chiedermi cosa faccio, cosa penso. Sapere che non mi aspetti più, la notte, dal lavoro. Mi solleva tanto questo vuoto, il tuo stupido spazzolino, quello stupido,  tuo, spazzolino! -
Lei lo guarda con amore, ed è come staccare la carta vecchia dal retro dei quadri, tutti quei pezzetti che restano attaccati, una parte del foglio grossa, l'altra sottile e trasparente.
è lei, stavolta, quella grossa.
Luca è un velo, fine, può vedergli attraverso, le costole in controluce, puntini di neon sulle vene dell'avambraccio, carta e lino, ostia consumata, passata da troppe mani. Lei ha fatto  comunione, per tre anni, e quel pane, lievitandole in gola, l'ha quasi uccisa: asfissia. 
Religione del non volerci pensare, di credere davvero che domani si cambia, poi volerci provare a credere, poi non crederci proprio più per niente.

Terza dose: le scelte
Giulia ha tre borsoni pieni di niente, sul letto, che potrebbe lasciarli,  che sono solo fogli, mutande, singhiozzi e passi indietro, ma li prende su, li tira via da lì. Bacia la casa, bacia le  spalle semivuote di un ragazzo di trent'anni, bacia tutto il dolore che si è raccolto sul puntino, sulla punta dell'ago. Magazzino ora vuoto, tempo di migrazioni.
Questa è la fine 
magnifico amico 
questa è la fine 
mio unico amico, la fine 
mi fa male liberarti 
ma tu non mi seguirai mai 
la fine delle risate e delle dolci bugie 
la fine delle notti in cui tentammo di morire 

Lo scudo di cartapesta, di amore, astinenza e comprensione, si inchina alla pioggia, alla spiaggia, e si sfalda. Lascia mani sporche, polsi di vetro, unghie con sotto i resti di altre mani. Unghie che crescono sotto altre unghie.
Esattori tornano spesso a trovarli, spacciatori, medici, amici e creditori...tornano da ogni coppia, da ogni persona, prima o poi. 
-il mondo è orrendo, il mondo è un posto stupendo in cui soffrire-
e poi subito dopo Giulia pensa che da piccola avrebbe voluto essere un supereroe: un vampiro, una spia, una maga. Oggi vorrebbe solo essere. Umana. 
Non si sente speciale, nemmeno un secondo, i  superpoteri sono esauriti, dalla consuetudine, dalla sveglia alle sette, dalla brioche al bar, dalle fotocopie...

Quarta dose: l'asfalto
stop supervista
stop invisibilità
stop telepatia
Fuori dalla mansarda, pioviggina appena, l'erba profuma del pavimento viscido della palestra, in cui da piccola giocava a pallavolo, pare che nessuno abbia fretta e la luce è amniotica, anestetizza le pupille. Vede dal basso gli stessi pioppi che, di sopra, grattavano i muri, sono scuri e lucidi, sono monaci, e le accordano un permesso non richiesto. Libera di andare.
Giulia ha lasciato Luca sull'orlo del cratere, ma lei non ha le ali, non è speciale e forse neanche lui. 
Dimenticare le vene sul dorso delle sue mani, dimenticare le sue sopracciglia, dimenticare il gesto di sistemarsi il ciuffo, prima fumare. 
Lei è una fiammella e lotta con questa pioggia, che la spegnerebbe. 
Se non fosse già Aprile.

martedì 22 maggio 2012

Cassetto n°39

So che lo sai:
malati di mente, malati di figa, malati di soldi, malati di niente
malati di tempo, malati di amore, malati di fantasia, malati di tumore.


Gusto di malattia a forma di malattia in giorni di malattia
devastata, costosa, scontata, evitata dai marciapiedi,
malattia che urla, malattia come fiori, malattia come barbone buttato fuori
malattia ospite atteso, festa di classe, malattia come molotov, disperde le masse


malattia come assaggio, come Giuseppe e Maria
malattia, ciò da cui scappi, casa mia,
porto di venere, cielo dannato, sangue d'Oriente, morto e amputato.
Malattia che scandisce tempi, tampax, tempeste e rumori. 
Malattia clessidra, la sabbia al di fuori.


Malattia, che infetta il mare, ne accorcia i giorni
Malattia, scritto che non trovi, tu che non torni.


Malattia messaggio per Dio, con su scritto:"stai male"
malattia come allettato, se muore prima non vale
Malattia-bambino cattivo, manine in tasca
schiaccia l'insetto, scricchiola e basta.
Sorriso sbieco, sorriso tetro,
languorino, frigo, barattolo in vetro



mercoledì 16 maggio 2012

Cassetto n°38



Ti svegli, mangi, preghi, lavori, ma prima il caffè, hai gli occhi appiccicati al cuscino, e  la notte è così breve, che non la senti. Lasci un letto fradicio, ogni mattina, hai paura di incontrare intrusi in casa, si nascondono da troppi giorni, ormai, la tua è una fuga, da loro, ormai.
Troppi gli angoli da controllare, non hai il collo per guardarti troppo alle spalle.
Parti! Che devi lavorare, fare ore per avere più punti, e, attenzione, non devi farti male, devi proteggere le dita, che lavori con quelle, al tuo computer.
Attento alle porte socchiuse, attento alle piante grasse e al cotone di polvere, in ufficio.
Devi amare un poco, ma non investire tutto, dai con moderazione, ripartisci, stendi una exit strategy che ti servirà quando sarà  tardi, per usare le parole..
Basta emozioni per oggi, torna a letto. Dormi, prega, mangia. Proteggiti.
Il led della tv lo fissi dritto, lo chiami Polifemo.


Svegliati, mangia, prega, non lasciare tutto nel piatto che non hai neppure più fame, usi strane strategie per vedere il venerdì più vicino, sporgendoti dal martedì,  ma non scivolare, che oggi è un feriale, devi andare e fare punti, proteggi la caviglia, le gambe sono utili. Evita gli amici, evita i felici, evita le sale fumo e i parcheggi a spina di pesce, che sono ansia, sono incastri di incastri.
Recati in farmacia e chiedi pillole per respirare, ma prendine una scatola da dieci, sprecare è peccato. Il peccato è reato dell'anima.


Vorresti accadesse all'angolo di casa del vicino, moriresti nell'orto, senza intralciare quando cadi, nella terra umida, per non fare rumore, che la gente dorme e deve pur riposare. Oppure in auto, parcheggiato in una piazzola, in campagna, mentri cerchi la traccia giusta nel cd.  La vita, spettinata, ti fa un pompino.
Muori abbracciato solo a te stesso, come una cosa piccola, e piegati quando sarà ora di andare, passerai meglio da quello spiraglio sotto la porta, quello da cui arriva quel raggio di luce..puoi quasi averlo, sai?
E davanti al muro liquido del bagno, al muro di vetro, lo capisci, che sei tu, quell'intruso, dietro agli angoli, la mattina, quello che accende la macchina del caffè e tu trovi le tazzine calde.
E non capisci perchè. Perchè si nasconde da te.


Sai quella cosa di prendere la palla al balzo?
No, effettivamente non sai che significa, almeno, non potevi capirlo, fino al 13 luglio del 99.
Poi l'hai capito e sei svanito, e rinato, tre volte per ogni respiro fatto, tre volte per ogni volta prima. E ogni volta che hai chiesto:
"Chi è? Vieni subito fuori da là dietro!".
Oggi l'hai capito.

sabato 12 maggio 2012

Cassetto n°37

io sono solo una cometa, 
una cometa.
guidatemi piano, fino al vostro portone,
lasciatemi qui, mi raccatterò pian piano, senza fretta, senza tempi,
per tornare dove brillavo di più. è tutto viaggio, il mio esistere.
Solo per portarvi in giro, sulla coda, stiro le punte,
che, se non viaggiassi tanto per gli altri,
magari ancora non mi sarei accorta di esistere.

giovedì 3 maggio 2012

Cassetto n°36


5:45, non si dorme, il tarlo lavora, gli ruba il fiato, Carlo studia come tornare indietro, per trovarsi al 12 giugno di un anno prima. Sulle ginocchia un volume, intrappolato tra due mondi.
Carlo chiama il figlio, Alessio, vorrebbe imporgli di tornare un'ora prima, anche se è presto, è categorico. 
O motore chiuso un mese, un mese cazzo!
Poi torna sul luogo dell'incidente, troppo vicino a casa, troppe volte al giorno. 
Studia gli elementi banali dell'asfalto, sposta sassolini, il vento, lo scenario, Alessio questa volta non cadrà dallo scooter, nessuna frattura al collo, al massimo una sbandata, un fiuu, un pelo al marciapiede, al muretto. 
E via, a cena, come nulla fosse mai accaduto.
Lo sforzo di Carlo è immane, l'esplorazione del tempo richiede impegno, correnti remano contro, i racconti perdono particolari e, se si va, si deve abbandonare tutto, nessun ritorno. 
Poi, non sa come, Carlo, è al bar, dopo il lavoro, un prosecco...due prosecchi, ciotole semivuote di salatini, mani sporche d'intonaco e occhi stanchi. Soliti clienti, solito barista, ma si sente diverso, non focalizza...
secondi...e torna alla strada, ha viaggiato da qualche parte, si accorge di essere stato nel 12 giugno di un anno prima, anche se per pochi istanti, l'atmosfera era reale, odore di caffè, e sulla sua mano, oggi, è rimasta una gocciolina di bianco, e lui non lavora più da mesi...
Carlo continua a pensarci su, mangia poco, abbandona alcol e sigarette, crea file su file di particolari: buchi nei maglioni, pagine strappate, scontrini, la riga sullo sportello, piede nel fango del fiume, fazzoletti sporchi di sangue di suo padre.  Un gran casino.
Ora è a Berlino...rumore di metro, gente in fila, plastica bruciata e smog, sta per piovere. 
Il dolore come binario buono. 
Il dolore diventa l'onda del suo viaggio, può fidarsi solo di quel flusso, sa che il dolore non ha parole, non promette.
Carlo viene svegliato dal rumore delle pentole, un caldo mostruoso, in mano una scatola di fiammiferi, sta fumando nel retro dell'osteria "Ai Tigli", seduto su una cassetta in plastica. Odore di fritto e sapone per piatti, il cielo è sereno, tutte stelle.
Oltre la rete un ragazzo vomita, la testa buttata fuori dal finestrino. Un pupazzo, come Alessio. Carlo, però, sorride, ha 16 anni, non lo pagano mai puntalmente, mai abbastanza, è un lavapiatti, è felice.
Torna al buio di casa, solo, con la pendola, col divano.
E' la realtà, a sembrare irreale, chi ha sistemato quella casa? Perchè tutto appare spostato, sostituito? Esce, va al bar.
Ma quando apre la porta di casa, è giorno, una vasta area incolta, sole ovunque, grande spazio, tra il fiume e la ferrovia...il posto dove Alessio è morto, ancora. 
Non sa perchè, si guarda le mani, mani lisce, mani da bambino, gli viene da piangere e da ridere. Un bambino, dentro un uomo, si chiede perchè non aver scelto prima, di stare in quel tempo, abitare tempi diversi.
Quando un uomo si ferma a pensare al tempo, vede scorrere nuvole oltre a lui, un vento che scavalca. Allora c'è da rimettersi in piedi e riacciuffarlo, non è accettazione, è un lavoro che avviene.                          
Non si riempie lo spazio,
si
Cura.