martedì 24 marzo 2020

Cassetto n°182

La saluti un pomeriggio, pensi che la rivedrai presto, ti sbagli,
la gente comincia a cambiare strada, se la incroci,
il lavoro si ferma, le lezioni no, poi anche quelle
posso correre? No. Uscire? No.
Non guardatevi, dimenticatevi,
state in casa, le cose semplici diventano crimini,
l'immondizia, il bar,
la realtà si altera: il bene di tutti, lo tocchi se esci, ti senti una specie di mascalzone,
sguardi brutti, se passeggi allegro.
I paraggi della morte sono gli altri, che ti misurano
Avevi mai avuto dei limiti? Cioè intendo limiti rigidi, stretti, proibizioni vere?
No, la risposta credo sia no.
I limiti sono arrivati, necessari, ti hanno fatto vedere un'altra versione delle cose, come quando giri una scultura, che è in casa, da sempre, sulla mensola e la osservi da dietro. Non te la eri mai immaginata, da dietro.
Ecco com'è questa sensazione.
Intanto credi di poterla rivedere, ma per ora solo telefono,
non sarà veloce, non sai se ce la fai,
un mesetto, dai...
Arrivano i primi contagiati che conosci, i primi morti che conosci.
Cerchi il bene nelle cose di casa, hai spazio, hai giardino,
inizia a bastarti il poco e la sera sei ugualmente stanco,
bastano piccoli progetti, da fare con lei, al telefono,
a far assottigliare il calendario
Nel frattempo l'umana comunità sparisce, a casa stai bene,
si può vivere senza fabbriche, senza bar.
Se non puoi avere quel che vuoi, basta alterare la realtà.
Se aprissi gli occhi, sapresti cosa guardare.
Il suo volto, per sempre, sapresti  guardare.
Questo ti distanza dagli altri, stare tanto insieme, da non avere più altri bisogni,
Chi canta, applaude, dirette Facebook per cucinare una frittata.
I numeri fanno paura, muoiono tutti, ma se tu non vedi più gli uomini, dietro ai numeri.
Se non hai bisogno di parlare, abbracciare, chiaccherare insieme,
il virus diventa solo una piccola palla chiodata. Hai imparato da tempo ad aspettare
quella felicità che sta sempre nelle orbite del dolore.
Non lo dire in giro, che se si sta ben da soli, non si è mai soli.
Tanto ti rendi conto, che la rivedrai.



Una volta, in una mostra a Francoforte, vidi un enorme mucchio di caramelle nere, piccole lucide occupava un'intera sala, arrivando quasi al soffitto. Girai intorno al mucchio, la base era un quadrato, linee precise e ne presi una e la cacciai in tasca.
Uscendo in un depliant lessi che l'autore dell'installazione voleva rappresentare un virus o una malattia sessualmente trasmissibile.
Solo la gola, la curiosità, ci spinge a prenderne un pezzetto e portarcelo via con noi