sabato 26 ottobre 2013

Cassetto n°105

- Noi ci occupiamo di tubi, costruiamo e vendiamo tubi di plastica in tutto il mondo -

Lo spot, proiettato su megaschermi al plasma all'entrata, tra le vetrate che si immergono dietro alle fontanelle e alle piante acquatiche, va in loop ventiquattr'ore su ventiquattro, giorno e notte.

Mi dicono che è arrivato quel tipo, lo dico a mio padre, l'han fatto entrare: è un nanetto elegantissimo, o meglio non è proprio un nano, ma è davvero basso si.  Ci stringiamo la mano, io entro.
Mio padre è strano, da stamattina traffica con internet, è uscito tre volte, di solito non si muove dall'ufficio, se non per cose di massima urgenza, delega a me delega a tutti, non incontra più clienti o fornitori.
Mi ha chiesto un sacco di informazioni sul nanetto, mai visto mio padre tanto curioso: materiale da ufficio, se vende cancelleria, ma dove, dove abita? è sposato, hai una sua foto?
- Una sua foto? Certo che no, perché dovrei? Gli rispondo
- Una cosa non torna, ma è davvero basso? Davvero è il suo nome? Va bene  va bene
- Si direi sotto il metro e cinquanta, quaranta, forse, ma ci vuole solo proporre materiale da ufficio, fan prezzi bassissimi, stanno verso Verona non so altro.
-Verona...Verona, coincide! Bene bene, vediamo questo nanetto. Anzi no! Facciamolo aspettare ancora dieci minuti, siediti Riccardo, ti spiego bene con chi stiamo per aver a che fare. 
Mi siedo, curioso, come quando ero sotto il salice e mio padre mi teneva a raccontare le storie della guerra, le sue frescacce come le chiamava. 
Poi parte e mi racconta una storia alla quale ancora stento a credere.


In guerra Paolo Bolzani era l'aguzzino naturale di mio padre, stavano d'istanza in Etiopia. 
La missione era marciare e mappare terreni ed eventuali pozzi d'acqua, censire la popolazione dei villaggi, sottrarre qualcosa ai nativi, eccetera, per poi mandare delle relazioni compiacenti ai papponi del comando centrale a Roma. I graduati, i superiori, erano, ovviamente, tutti dei gran figli di puttana, un branco di repressi avidi di potere, forse trattati male all'asilo. Tra loro, però, c'era un nanetto, un lurido verme veneto che si distingueva in arroganza, superbia e crudeltà. La sua non era una semplice tattica militare di sottomissione, era una tecnica di spersonalizzazione mirata a denigrare e annichilire ognuno dei suoi soldati. 
- Riccardo è lo stesso anziano, piccolo e snello ometto che sta girando nervosamente nella stanza di là, tra le felci e i cactus della sala d'aspetto: Paolo Bolzani appunto. 
Un sadico sergente tappo che rifiutava alla truppa cibo, acqua, imponeva ai sottoposti prove umilianti, ricatti psicologici, ora si presenta alla nostra ditta con un contratto da centoquarantamila euro in carta, buste e fogli da fotocopie: validità cinque anni.

- Ci versava l'acqua con un annaffiatoio in piccole tazze di latta, acqua sporca, acqua piovana, ci metteva in fila sotto il sole a picco, oppure sotto la grondaia, quando pioveva, non faceva che tenerci dritti lì, anche le ore.

- Lo faccia pure entrare!
Bolzani entra, per quanto sia notevole il taglio del piccolo completo sartoriale su misura in lana blu, le sue gambette zampettano a vuoto dentro i pantaloni troppo larghi, il cavallo pare toccare il suolo.
Mio padre esordisce come l'ho visto fare migliaia di volte:
- Si sieda carissimo, la sua offerta ci ha interessato subito, sa?
- Non avevo dubbi, abbiamo prezzi più che concorrenziali, signor Spadoni
- Vedo vedo, ora devo dirle solo una cosa, un test.
- Un test? Sono pronto
- Se le dico il Drago, cosa mi dice…?
- Non saprei. Che simpatico che è lei, io leggo storie di draghi solo alle nipotine.
- Eppure io ero il Drago, per lei, tredicesimo battaglione Etiopia, diceva che solo i draghi reggono bene il caldo, passai tre giorni sotto la lamiera nella sabbia. Credo per un pacchetto di sigarette rubato dal magazzino, si?
- Ma cosa c'entra, di che diavolo sta parlando?

Entrano i due fattorini della ditta, un paio di giovani ambigui che abbiamo assunto un mese fa, mio padre li guarda e fa un cenno
- Ragazzi come vi dicevo…andate!
Quelli scattano all'unisono e bloccano Bolzani sulla sedia, lo tengono giù per le spalle non ridono, sono serissimi. Bolzani prova a divincolarsi sulla poltroncina a rotelle, ma la sedia scarrozza un po' a destra e a sinistra e lui rinuncia subito. 
- Le gestiva bene lei, le cose al campo, Bolzani. Sapeva sempre metterci uno contro l'altro, una lettera in più alla fidanzata, una stecca di Marlboro, ci comprava come scimmie al circo.
Bolzani è muto, non realizza cosa stia succedendo, si guarda intorno e cerca di abbassarsi per prendere il plico del catalogo caduto a terra. Tutti i fogli sparsi in giro, penne a sfera, carta riciclata, toner di ogni forma e colore. Lo tirano subito su al suo posto.
- Ma, vede, io sono andato oltre, i miei ragazzi li gratifico: da domani Aldo e Jonathan, che la stanno tenendo amabilmente al sicuro sulla sedia perché non cada, passeranno da un fisso mensile di 1500 euro a uno di 1800 euro netti, e sono solo fattorini, per ora. Io li gratifico, i miei ragazzi.
- Lei si sbaglia, non sono mai stato in Africa, chi cazzo crede che io sia?!
- No si rilassi, dopo parleremo di affari, ora devo fare una cosa che avrei dovuto fare almeno trent'anni fa, amico mio.
Mio padre si alza e, potessero fulminarmi, lo bacia sulla guancia, poi indietreggia un passo e lo squadra.
- Bolzani ribadisco: che completo magistrale si è fatto cucire! La slancia proprio...
Poi papà, imprenditore dell'anno di Parma e provincia per tre anni consecutivi, si slaccia la patta dei pantaloni, tira fuori un'arnese che non ricordavo così grosso dai tempi del mare a Viareggio e piscia sui pantaloni di Bolzani, lo inzuppa tutto, scarica sul vecchio superiore tutta l'urina che ha in corpo, mutuata ora in un sogno di gioventù divenuto realtà.
Sono stupito, esaltato e piango o rido, non capisco neppure io.
Finito di pisciare sull'ospite, scrolla vistosamente l'attrezzo, che, ribadisco, dà sicuramente un giro al mio e a quello dei mie due fratelli, e torna alla sua poltrona in pelle. La pelle stride, l'imbottitura sbuffa morbida.
- Ormai è fatta Bolzani, io ho concluso con quello che avevo da dirle.
La statua di un nano, ora abbiamo la statua di un nano, potremmo metterlo così, in giardino, è muto.
- Ora, se vuole andare, credo che la sua offerta in realtà non ci interessi, restiamo con la StampoJet SRL, sono più cari, ma lavoriamo con loro da sette anni, così vanno queste cose. 
Ivana, la mia segretaria all'uscita, le darà il biglietto da visita dello studio di avvocati di Parma che cura i miei interessi. 
Aldo e Jonathan allentano la presa, esco dall'ufficio di mio padre atterrito, divertito, barcollante, mentre lui dietro di me grida:

- Finalmente è uscito un bel sole, bene, si gioca a tennis!