sabato 29 settembre 2012

Cassetto n°58



Esco di casa, la biblioteca è vicina, inutile prendere l'auto e la sera è tiepida, settembre inoltrato. Percorro il marciapiede, solita fissa di camminare un piastrellone sì, due no, buio pesante, più basso, tenda sugli occhi. 
Approfitto di un bar, mi infilo sotto la serranda,  il mocio di sbieco,  piazzato davanti al bancone. Michele mi fa un'Averna con un cubetto di ghiaccio, tracanno e saluto asciugando le labbra con la manica della giacca, oggi offre la casa.
Il gruppo di lettura si riunisce ogni primo e terzo giovedì, alle nove,  fin dai vecchi tempi, solo per sentirci persone un pò diverse, parecchio in gamba. Molti se ne sono andati, ormai siam sei.
Sono nella sala, la mia vista è pessima, stasera siedo sotto Buzzati, prendo pause per gli occhi, ogni dieci minuti. Le sedie sono disposte a cerchio, sul tappeto, a gruppi, parlottano tutti, col libro in mano.
Mi guardano, come se da un momento all'altro dovessi dire qualcosa anch'io, ma io non ho proprio nulla da dire, adoro, però, farli stare sulle spine e fingo di esser lì lì per dire qualcosa di importante, tutta la sera.
Come insegna Joyce: pensare liberando il flusso di coscienza, lo faccio già, dentro la mia mente, ma vedo solo la sedia vuota davanti a me.
Margherita lavora alle poste, non bella, ma curata, come si  è soliti dire.  Conosce bene i classici russi e porta sempre i biscotti, che cucina la sera prima. 
Li mette in una grande scatola di latta, scolorita.
Nessuno ne parla, Margherita non ne avrebbe parlato, di questa sua assenza, quindi non dovremmo farlo neanche noi, se ci penso, in realtà, lei non ha  mai aperto bocca.
Io, già sono un tipo scostante, nelle relazioni, in generale,  ho persino rinunciato a coltivare piante nel mio balcone, però direi che ora mi vien da pensare a quanto questo gruppo, davvero, significhi poco.
Siamo cinque, Margherita si è buttata sotto il diretto per Piacenza, tre giorni fa, alle cinque di mattina, han detto, in casa sua han trovato solo ordine e il letto fatto. Aveva riempito di crocchette la ciotola del gatto.
il gatto, comunque, poi l'ho preso io. Mi sono assunto questa responsabilità e, per ora, va alla grande.

mercoledì 26 settembre 2012

Cassetto n°57

Se mi chiedi dell'orrore rispondo testa di gatto.
Avrò avuto sei anni e salivo la scala a pioli, verso il fienile, -son nati i gattini, si!- ebete ripeteva mio zio.
La scala era alta e instabile, poggiava su terreno ciottoloso, ma valeva la pena di arrivare lassù, che già era un posto particolare e isolato.
-ma i gattini saran da trovare!-, pensavo -la mamma mica li lascia lì in mezzo a giracchiare!- Pronto alla ricerca mi apprestavo a far gli ultimi gradini, ed ecco: il fienile!
Proprio davanti a me, a pochi palmi dalla faccia, giaceva un gattino, o meglio la testa di un gattino, con la bocca aperta e dietro, niente! o meglio, solo la spina dorsale, piuttosto pulita.
Non so come non caddi all'indietro, tornai presto giù.
Tutti pensarono subito alla faina, che la notte gira a far danni, sarebbe stato peggio
se non avessi potuto dar la colpa alla faina.

sabato 22 settembre 2012

Cassetto n°56

Sogno di fuoco addosso, manca la paura e non c'è dolore.
Ricordo in particolare i miei occhi allo specchio, mi chiedono se vale la pena 
di aver tanta fretta per spegnere quella roba.
Credo che sia collegato al parametro del fastidio, mi sono imposto di accettarne solo fino a una determinata dose. Per ora l'acqua aspetta.

domenica 16 settembre 2012

Cassetto n°55

Mohamed lo vedo, è in piedi, in mezzo al parcheggio, la sigaretta chiusa nel pugno, per proteggerla al vento e dalla pioggia, la sua testa scatta di lato.
Si sente qualcosa, intorno al parcheggio, sotto i portici, una giovane coppia, valigie a terra, litiga furiosamente. Lei è seduta sulla strada, piange, lui è nervoso, troppo, e le gironzola intorno. Un cane ferito, pronto a colpire.
Due persone si allontanano dalla scena, non c'è confusione, non c'è più nessuno. 
Noi siamo i più vicini, a circa cento metri. Io e Mohamed.
Il ragazzo la strattona, la tira in piedi e le sbarra la strada, poi, con precisione, le tira due schiaffi, forti, tutti e due nello stesso punto, tra orecchio e collo, in perfetto silenzio. Cinematrografico. Lei non grida neppure.
Io e Mohamed fumiamo. Non abbiamo cellulari, lui per ordini del giudice, il mio, invece, è scarico, spento.
Mohamed ha 17 anni, ma anche più coraggio, gambe e ingenuità di me e mi chiede se può urlare al tipo che cazzo sta facendo, intanto ho collegato il cellulare in auto, ma non si accende, non gli rispondo.
Un tizio elegante passa accanto alla coppia, li scansa, viene da noi e ci assicura, con fare professionale che non c'è nulla da preoccuparsi, sono già stati avvisati i carabinieri, prende qualcosa in auto e torna in ufficio. 
Mi pare pure che fischietti.

lunedì 10 settembre 2012

Cassetto n°54

"Si consideri dipinto!"
Il pazzo qui accanto a me, estatico e sudato, aveva la sua personale visione della malattia. L'ospedale è un brutto posto, soprattutto il venerdì pomeriggio, ma, pensai, sono sempre le persone, a riempirlo di inutile filosofia.
Quest'uomo in simil-Armani, consulente finanziario con valigetta ventiquattr'ore, continuò ad abbaiare strategie assurde, per lenire la sua e mia ansia: "oppure si consideri vuoto, ma pur sempre dipinto, solo noi possiamo capire l'inferno che attraversiamo, nulla può più riempirci...ormai!"
Ero troppo debole per colpirlo, per andarmene o per ignorarlo, ero troppo, troppo malato di cancro.
La donna delle pulizie, voluminosa mulatta, spinse verso di noi il macchinario-lucidatrice, una sorta di delfino robot, e io, in quel momento provai una connessione-legame molto rara, con il mondo intero: con chi lavora sprecando il suo tempo, con chi paga interessi, con chi ingrassa d'ingratitudine i  propri figli.
Non seppi chiamarla illuminazione, ma pensai solo ad andarmene e tornare a leggere, a studiare, tornare all'università di psicologia, per rifarla, tutta daccapo.
L'assicuratore pazzo, intanto, entrò per la visita, mi godetti il suo silenzio, mi godetti il rumore della lucidatrice, che si allontanava, e il ricordo nitido di quando aprì il primo testo de l'Interpretazione dei sogni
Che momento perfetto!

mercoledì 5 settembre 2012

Cassetto n°53

Osservo i miei gatti, o meglio uno è mio, l'altro è grigio e alloggia e mangia sempre qua, comparso così, come lo vedo.

Eppure, proprio oggi, sentivo che avrei scritto quel racconto sull'uomo a cena, che aspetta i parenti e che poi, pian piano disdicono tutti. E mi pare simpatico, quell'uomo che resta solo, a cenare, nella sua grande casa, sotto la pioggia.
Lui mastica con cura, cercando di non sprecare nulla. Parsimonioso.
Fatto sta che, nel frattempo, ho anche lavato i piatti, ho dato da mangiare ai gatti, fatto sta che so di aver qualcosa da dire.
Scendo le scale, fuori e la pioggia picchietta sul collo, le ore si ripiegano, piccole piccole, nelle tasche della sera. Cerco di dar suono ai pensieri, all'inizio della riga e mi rendo conto che c'è della felicità qui intorno, ma sono un pò indolenzito per mettermi al lavoro. Non c'è alcun motivo per restare qui, a prender freddo, mi lascio superare da questo buio lieve, da questo finire di cose e da qualche sorso di vino.
Non c'è alcun motivo per restar qui e diventare quell'uomo.