martedì 28 febbraio 2012

Cassetto n°21


Diario chimico esquimese: 

Clienti attendono qualche novità appoggiati alla vetrina, i vetri sporchi li fan sentire protetti e assicurano completa invisibilità. Riolo Terme è un comune di  6000 abitanti a 100 metri sopra il livello del mare, i divertimenti principali sono semplici e genuini, e si svolgono ai piedi di colline  gessose, che paiono dipinte su carta da presepe. La Rocca con fossato fa da cornice a discorsi da passeggio, i temi principali sono meteo e interismi (non meteorismi).
L'insegna del bar è accesa solo di giorno, è il manifesto di una generazione di gelatieri che vivono sulla lingua dei diabetici ghiottoni, come luce per zanzare. Il New Blue bar non ha nulla di blu, ma l'insegna crea mistero e spinge ad entrare.
Qui si servono gelati al tempo che passa, gusti ovvi, ma reimpostati, scalati in ordine di colore:  giallo mostro, verde futuro, rosso impazienza, viola vendetta...appena entrati si sente lo sfrigolio delle creme gelato e si contano i passi e i pensieri di chi va al passeggio per corso Matteotti.
La gelataia e padrona di casa, Marzia, spera solo che nessuno chieda coni e coppette, lei odia andare a impastare creme nel retrobottega e non vuol tornare là dietro tra le macchine d'acciaio e i calendari arroganti dei fornitori. 
Marzia ha il culto del bancone, vede il locale cambiare colore attraverso bottigliette esposte al sole, giallo Tassoni, color Coca, appannato Schweppes, ama dare il resto ai clienti, strappare lo scontrino, sempre con luci diverse, tutto è illuminato a dovere. 
Coni d'ombra e bastoncelli di liquirizia, Marzia fantastica ed esplora nuove idee per il futuro, per ingolosire anche il cliente amante della novità.
Si potrebbe chiedere un gelato da mano, lo si trattiene tra le dita non proprio con facilità, solo pochi ci riuscirebbero, le dita lasciano spazi. Si potrebbero anche avere ottime descrizioni di gelato, se si è  tra quelli che preferiscono il sapere al sentire:
Marzia incalza e ricetta pronta per tutti i lettori:


1- Scaldate il latte con la panna. Montate i tuorli con lo zucchero e la vanillina 
2- Unite il latte caldo e cuocete a fuoco dolce fin quando la crema velerà il cucchiaio
(segreto)
3- Fate raffreddare  e fate rapprendere nella gelatiera
4- Servite il gelato alla crema con frutta fresca o gelatine


Là dietro, nel retro, il buio incupisce il fiordilatte, si inquina pure la menta che diventa menzogna e anche lei incupisce, se pensa al marito "farfallino" Luigi. 
Luigi è un uomo profumato, che va a Bologna a spendere e spandere con signorine in abiti succinti, gioca a Gratta e Vinci e odia il gelato, insomma, uno scherzo del destino per Marzia.
Ora basta, troppa fatica parlare, mescolare, e contare i passi tutto assieme....Marzia abbassa la serranda, la parte sinistra scende sempre prima di quella destra, lei sbuffa, non pensa al marito o non vorrebbe darlo a vedere, mentre chiude il New Blue bar.
Dentro di lei c'è un fantasma che chiede una prova di teatro, una prova di espressione forte e radicale, lo ascolta paziente, mentre scende verso il parcheggio al fiume, guida verso casa. Solo pochi chilometri, parcheggia e pensa alla cena, che forse salterà, non ci sono altre auto nel vialetto.
- Non si deve essere per forza felici, basterebbe mantenere compattezza e cremosità - pensa tra sè e sè 
Domani qualcosa dovrà cambiare, Riolo Terme deve capire come si ottiene una buona crema-di-vendetta e ci sarà un gusto mortale nel banco..da scegliersi a caso.

giovedì 23 febbraio 2012

Cassetto n°20

Anno 2069.Dopo la grande glaciazione.

Tutto è in bianco e nero ora..C’è qualcosa nell'aria, un’atmosfera diversa, una sensazione strana e nuova che però sembra già provata…E’come se ognuno di noi si aspettasse da sempre che sarebbe successo. E’come se fossimo sempre stati consci del nostro futuro..Il sole riscalda ancora, ma in maniera sempre più debole..In alcuni giorni, invece,picchia come non mai e per questo in quei momenti non si può nemmeno uscire di casa o almeno non sono così impavido da farlo, non più. La novità che ci riguarda tutti e che sto rinviando il più possibile dal dire per poca voglia, è che nel nostro mondo sono scomparsi i colori. Tutto è grigio, come le nuvole nel cielo quando sta per piovere o per fare una tempesta; tutto è in bianco e nero come i vecchi film che guardavano i nostri bis bisnonni. Non si sa di preciso il motivo;gli scienziati hanno scoperto qualcosa, riguardante le  molecole,le cellule o altre cose complicate riguardanti il loro linguaggio specialistico.
Per ora, poi, non m’interessa neanche saperlo, tanto se un giorno ci sarà qualcuno a risolvere il problema,quello non sarò certo io.
Lo chiamo problema perché lo è;Più di quello che sembra…Se fossimo stati sempre privi dei colori forse non ce ne saremo accorti,ma così è molto peggio; molte cose come la bellezza della natura e dell’arte infatti perdono di valore.
Tutto è più noioso, serio e triste, anche l’amore sembra scomparso,o forse quello non esisteva già neanche da prima.Beh in ogni caso io la mia soluzione l’ ho trovata:Sicuramente non è la giusta cosa da fare,dovrei tirare avanti, smetterla di vivere di ricordi ma…vedete, non proprio tutto è rimasto senza colori…Infatti non si spiega il perché ma alcuni oggetti contengono ancora cromature e sfumature, come quelle che piacciono a me; esse mi ricordano il mondo di una volta. 
Per esempio,vi sembrerà troppo malinconico e nostalgico, ma ho trovato una vecchia cinepresa di mio babbo, quella che ha ripreso tutta la mia vita, assortita di tante video cassette, le quali,se le guardi nel suo monitor digitale, ti appaiono a colori.
I filmati che preferisco sono quelli di quando avevo ancora la ragazza, quella con cui sono stato tutto questo tempo, con la quale insieme abbiamo fatto tante cose..
Ho anche un filmato dove ci siamo ripresi mentre facevamo l’amore e mi piace riguardarlo, è molto dolce…




Diego.

sabato 18 febbraio 2012

Cassetto n°19


Atto I
Parti dalla preparazione terapie, conti bene le gocce, metti giù la pastiglia giusta nel giusto bicchierino, se entra della stagnola del blister, basta che soffi ed uscirà, lasciando dentro solo il prodotto farmaceutico
Poi li chiami, allinei le persone come i bicchierini, acqua ben dosata, stessa altezza per tutti
Segue un quarto d’ora di ingoia- riempi- alza la lingua e avanti il prossimo
Ognuno torna alla postazione di partenza, tranne A., malato di fantasia, oggi ha deciso di non starci. Allora lui esce e percorre furtivo, senza saperlo, il perimetro del manicomio, ha visto la rete abbassata. Ma decide di non passarci sopra, non è quella la porta di Acquario
Rientra nell'ufficio e ruba le chiavi, mentre tu sei in bagno, ma non hai chiuso la porta per la tua dimestichezza con gli spazi e i tempi degli utenti. Ti ruba anche cinquanta euro che ti sporgono dalla borsa, chè stasera dovevi andare al cinema con una bella
Atto II
A. è pronto alla fuga, lo senti che parla:
-C’è una bestia nel giardino che gira gira tutta la notte e ci ruba dai bidoni, ti giuro, Acquario!L’ho vista nel retro!-
Capisci cosa succede, mancan le chiavi, spariti i cinquanta euro…ma non esci in giardino, perché una cosa ben più strana attira la tua vista
La bestia del giardino, ce l’hai davanti, proprio ad un passo. La cosa più strana che potesse accadere è successa
Atto III
cambio di posizione
E ora vi spiego cosa successe tra me e l’animaletto in ufficio. Io lo guardavo e volevo parlargli, sentivo di dovergli raccontare una storia:
-ho proprio una bella cosa, interessante da raccontarti…-
I suoi occhioni mi scrutavano curiosi e cominciai a parlargli fitto fitto, lui si muoveva, non stava ad ascoltare e credo avesse ben altro a cui pensare, e questo è il punto
Comunque gli raccontai tutto quanto, senza poter prendere fiato e, fiero del mio racconto, mi chinai a cercargli qualcosa da mangiare, c'eran caramelle nella mia borsa
Io parlo abitualmente in courier, ma credo lui sentisse solo in comic, un peccato
Alzai gli occhi ed era sparito, dissolto. Ecco quello che vi dico, forse un chupacabras, un folletto, non so
Ma mai, giuro, mai, vidi nulla di più bizzarro
Forse era solo un po’ di follia, che A. riuscì a passarmi, fatto sta che poco dopo anche A. era al suo posto, sulla poltrona a vedere non so che film, insieme agli altri, forse Robocop o Terminator, non ricordo..
Atto IV e ultimo
La seconda fase è la preparazione delle mono porzioni, ci si accorda con l’eletto e lo si lascia preparare il campo, solo poco dopo si procede allo sporzionamento. Taglia-versa-butta, fino a riempire gli otto piatti in ogni ordine di grandezza, secondo le leggi del macrobiotico
I piatti pronti verranno presto consumati e restituiti. Si procede al lavaggio e rimpilamento dei piatti in ordine verticale, resta la speranza dell'esattezza del gesto: si completa la procedura.

venerdì 10 febbraio 2012

Cassetto n°18



Il mare, incombente, ingombrante, consuma la riva con pazienza, è un covo di odori troppo forti, troppo diretti, organo femminile della natura.
Il tempo ha un equilibrio così fragile, basta un pò di vento a romperlo e io posso portarlo a spasso, questo vento, dipende da me, dal mio umore e dalla mia volontà. Ma guai a farlo sapere alle persone, tutti sono scappati, devo usare linguaggi incomprensibili per dirlo:
"Ashakatarammma!" ...questo è il richiamo del vento
La spiaggia è deserta, uomini lontani paiono morti tornati a cercare il mio dono e la Creola serve a questo, a non farmi schiacciare dal dono. Il dono della gestione del tempo: il  mio fardello.
Sto camminando nel mio giubbotto, vado in cerca di Salvatore, il fornitore. Salvatore sta in piedi e controlla il cane, a pochi passi, che azzanna un barattolo di Coca, un incrocio tra un cane da caccia e migliaia di intelligentissimi bastardini, si chiama Paco. Salvatore ha la barba grigia e occhi da topo di campagna, camicia in flanella, arrotolata sui gomiti, sotto, altri due strati di camicie, sempre più sporche. Mi ricorda un bohemièn, con occhialini alla Lennon, un poco pusher, nel complesso.

Accende una Winston ed estrae dalla busta Conad una Ceres, non lo vedo muoversi, con lui le cose avvengono e basta, fluido come un mercante di pietre.
-Vai nella black-list se non paghi, frega niente se sei il Marlon Brando di Pinarella!
-Il problema sono sempre i soldi, i soldi e mia madre, vecchia avara siciliana!
-Già, non me ne parlare...- Salvatore non ascolta, ha fretta di vendere e di tornare a quel camper.
-Terzo mattone a destra, sotto trovi la tua sbumba, quindici euro!
-Ne ho dodici, anch'io sono così felice di vederti!...
Li prende in fretta, due pezzi da cinque, moneta da due. Due sorsi e la Ceres sparisce, lanciata in un bidone a tre metri, gran mira, Salvatore.
- Ci vediamo da Armando, stasera, per un cicchetto?
-Vedo se riesco, vedo se mi lasciano uscire..
Sappiamo che non ci andrò, devo ad Armando qualcosa come 60 euro, tra birre e panini, siamo poveri cani soli, più soli dei randagi della discarica.
Non ascolto i convenevoli del fornitore, è teatrale, addolcito dall'età e dalla chiusura della vendita, mi interessa solo ritirarmi in pace, io: la sbumba e un cicchetto forte, lo saluto senza lungaggini.
Penso a mia madre, ma è un passaggio che riesco a gestire nella mia mente, la scaccio altrove, mentre prendo la stagnola, come fosse una gemma persa nella sabbia, e mi dirigo al Conad.
Al supermercato, pesco senza guardare, direttamente all'ultimo scaffale, ne estraggo di tutto: Tavernello, birre da 33, liquorini di sottomarca. Scelgo la bottiglietta ambrata, tappino in metallo rosso, sull'etichetta l'effige di un veliero, scosso nella tempesta, 2,99 euro l'investimento totale.
Già da quattro mesi il ricovero a "Villa Marzia" prosegue: depressione delirante in alcolismo, schizofrenia paranoide, le diagnosi si ammucchiano, lascio lavorare gli esperti, io sono per la farmacologia indipendente: due Seroquel da 300 con tre Tavor e posso sperare di affrontare la giornata, con l'aiuto di alcolici da supermercato, of course..sono subito alla cassa.
-Ciao Isabella, ti porto fuori una sera di queste? La cassiera più giovane, la mia preferita oggi esibisce capelli legati all'insù, un maglioncino lilla a collo alto, in lana, occhi truccati, poco, leggermente gonfi e stanchi.
-Dave...Dave, basta che mi prenoti, mi devi portare al Caminetto, o te ne sei scordato?
-Il tavolo è per giovedì sera, alle 21:00, mettiti questo maglioncino!
Me ne vado tramortito, diavolo! La porterei davvero al Caminetto, ad avere cento euro.
-Devo ammucchiare cento euro per il Caminetto, fossero anche ottanta, sessanta..
Lo dico forte, per ascoltarmi, ma in fondo non ci credo neppure io.
Di solito bevo la Creola, un liquorino usato in pasticceria, in assoluto l'acool a miglior mercato che abbia mai scovato, ne tengo una bottiglietta da 33cl. infilata all'interno del giubbotto, si scalda piano, sul petto, ne aspiro brevi sorsi mirati a sciogliere il freddo e a disperdere quel mercato di voci che mi bussano alla tempia, da diciott'anni, dai tempi del servizio militare.
Devo fermare il rumore del tempo, gestire il brusio, gestire la mia gastrite, il controllo è la mia ossessione, la mi necessità, la legge del controllo preme sulla mia vita, da sempre. 

Mi danno del folle tutti, prima o poi: gli amici, mia madre, i parenti, so che si sbagliano, quello che sento è reale, ho questo compito da svolgere, devo controllare il clima, le perturbazioni, senza di me, impazzirebbero, solo che nessuno lo sa, nessuno lo può capire finchè le cose non saran più chiare.
Arrivo alla clinica, nessuna perquisizione, accordo tacito tra me e il personale, saluto distrattamente l'operatore in turno. A decine ne son passati, tirocinanti, educatori, psicologi in erba, han tutti voglia di far del bene, tutti affacciati sull'acquario umano, ad osservare i pazienti: rari pesci tropicali, finora apparsi solo sui libri.
Quello di oggi, Marco, è un ragazzo sui 25, non è un moralista, viene per il suo assegno che incassa, a fatica, ogni 20 del mese, a modo suo sa rispettare gli spazi altrui. Ci capiamo.
Mi guarda schivo, dalla guardiola, scrive le consegne della giornata, un sorrisetto stampato sul volto: -Tutto bene Dave, altra giornata buona?
-Non mi lamento, non farlo tu! Ora salgo a riposare...stasera che c'è?

Salgo le scale, fino alla 12, appena apro mi accoglie Lara, il mio pastore tedesco, nessuna gioia nel vedermi sarà mai paragonabile alla sua, scondinzola veloce, ma ha lo sguardo triste, mi controlla, studia se son ubriaco. Le urlo:  -Lara! Patatona!
è allora che la vedo felice, balziamo sul letto, all'unisono, si appoggia pesante a me, le molle cigolano e premo il pulsante dello stereo, luce rossa: Billie Holiday si lamenta dolce per la stanza, le voci per ora tacciono, lei le copre tutte. Tutto è pronto, mi preparo a quella che si preannuncia una lunga, serena, serata di fine novembre.
Anche oggi la legge del controllo ha vinto, ho spinto le voci ben sotto, nel loro barattolo, condivido la vittoria con l'unica amica che mi rimane.
Ho le sigarette, ho Lara, ho venti matti, come me,  per parlare, litigare, giocare a carte... più tardi, tutta la notte se serve.
Il tempo, finalmente libero dai miei influssi, si scioglie, si sente rumore di pioggia, fuori, sui pini e sulle auto parcheggiate.

domenica 5 febbraio 2012

Cassetto n°17





 C'è una foto dentro l'album, giro la foto e leggo Lido Adriano.
Vedo le file di pini, le piscine sporche, il CISIM e gli amici: tutto rappreso in strati di idee.              
Ogni cosa ha due facce, dicono, e Lido non fa eccezione. Prima luogo pieno di progetti, ora prevale una Lido immaginaria, che non esiste, ora  è  un mosaico di linee direttrici verso una stazione, segmenti in cerca di casa.  
Gli abitanti sanno sparire, mimetici, come le utilitarie scassate che schivi la sera sotto i lampioni biforcuti di Viale Virgilio.

Lido l'ho sempre girata poco, ricordo un pomeriggio freddo, la camminai in lungo e in largo con l'IPod, nulla di strano, ero solo più giovane  e non capivo perchè se ne parlasse tanto sui giornali.
Camminavo veloce, distratto, chiuso nelle mie spalle, e più mi addentravo più notavo che non era un posto ospitale in senso stretto, poca roba alla moda, poca patina, era un paese che non mi avrebbe cercato, dovevo cercarlo io, un paese "non mi rompere i coglioni!" 

La stessa pallida luce, lo stesso guscio di sole mi riportano ad ora. Anche oggi giro, al freddo, per Lido, traccio paralleli con le impressioni di  anni fa, ancora ho scelto l'inverno, per avere la massima solitudine e per la nebbia. Nelle pinete scorgo bagliori rosa di villette a schiera, frammenti colorati di auto e respiro la brina sulle roulotte al Camping Adriano, passate di moda, arrugginite.
Arrivo al bagno Alessandra, dove si può assistere alla lotta dell'uomo col mare, baratto di acqua e sabbia, una sfida che anima un inverno, in cui, altrimenti, non succede nulla. 
La sera si torna a casa dal lavoro. 
Si dorme. 
Si riparte la mattina. 
Scaldare l'auto. 
Pochi contatti.

Mi addentro nell'entroterra, trovo la Lido che somiglia a tutto il resto del mondo: insegne sgargianti, condomini e alberghi che contengono stanze vuote da contratti e affitti estivi. 
Il chiasso e le birre vuote, allineate sul marciapiede, sono lontani, in novembre. Grazie a Dio, ho sempre le tasche calde e sfioro l'accendino che si culla lì sul fondo. Una sigaretta! Stano il pacchetto e prendo un caffè ristrettissimo al Bar Blue, da Carletto, ex-pugile, un papillion.
Accadono cose strane a Lido, le auto franano sottoterra e i carrelli del LIDL, abbandonati come cani ai cassonetti, disegnano una mappa, che porta sempre avanti, senza voltarsi, perchè qui non conta dove si va. Intravedo il centro commerciale, giallo, così giallo che devo distogliere gli occhi per pensare.
Non riesco, confusione, oggi cammino e basta, piedi sulla traccia e mani nelle tasche, si va veloci, oltre i muri, oltre le tasche, oltre Lido Adriano. 

Vedo Lido Adriano immobile, davanti ai miei occhi, sotto l'acqua, sotto la neve, vedo Lido Adriano, vedo palazzi, in una bolla di vetro.

giovedì 2 febbraio 2012

Cassetto n°16


Ammiro questa neve che copre i particolari brutti delle cose, dettagli evitabili, la ringrazio per la sua opera, mi aiuta a riposare la pelle, come la garza che raffredda.
Le ustioni non mi lasciano, ogni momento di quiete sa che sarà scottato dalle mani dell'Alfiere. Poche grandi speranze, pochi sogni, oggi punto a grandi giornate, anche buone, al limite.
Dove sono i furbi? Non li ho più visti, han fatto tutti la stessa fine: spezzati, nel camino. Schiena rotta in due, ad arrostire, come castagne, nel bidone di gasolio Agip o Shell.
Leone fiammante a sei zampe, furioso d'agosto.
Il giardino beve acqua ghiacciata, s'ingozza di quell'acqua, qualche pianta muore, deglutendo, come l'alcolizzato sulla panchina, lascia colare la pelle sul selciato. 
Granuloso, grigio selciato...brutto e inutile anch'esso.
Ustioni di terzo grado, entro in corsia.