giovedì 25 febbraio 2016

Cassetto n°166

Perire per rinascere.

cut through – solcare, creare un solco in senso figurativo.

C’e’ uno stretto rapporto tra arte&psicologia, o per meglio dire tra l’azione e la mente che la esegue. Ed è proprio questo stretto legame tra l’interiorità e necessità di esprimerla, mutarla, evolverla in un “energia altra”, tramite il tratto grafico, mettere nero su bianco le proprie emozioni, i turbinii interiori e la voglia di riemergere dal caos, che lega Matteo Biserna e Maria Chiara Miccoli.
Due personalità differenti, due racconti differenti, due tratti differenti, ma che hanno entrambi il compito di placare le tempeste interiori, di sviscerare quel sentimento “sublime” tipico dell’epoca del romanticismo. Il “sublime kantiano”, che non deriva, come il bello, dal libero gioco tra sensibilità e intelletto, ma dal conflitto tra sensibilità e ragione. 
Si ha pertanto quel sentimento misto di sgomento e di piacere che è determinato sia dall’assolutamente grande e incommensurabile, sia dallo spettacolo dei grandi sconvolgimenti e fenomeni naturali che suscitano nell’uomo il senso della sua fragilità e finitezza.
Un’ interiorità fragile, sconnessa dal resto del mondo, quella “scatola nera” che raccoglie delusioni, paure e desideri inafferrabili, derivanti dalla vita quotidiana. L’arte e l’espressione artistica sono qui strumenti per rappresentare conflitti interiori, e, come direbbe Freud, arte come appagamento dei desideri rimossi. La cosiddetta “arte come processo di difesa e consolazione”, non un inno alla gioia e alla liberazione freudiano, ma un lungo processo di presa di coscienza, una liberazione dell’ES dalla gabbia delle difficoltà della vita, come libera espressione delle pulsioni e dei desideri più reconditi.
Due forze oniriche sono qui rappresentate dagli illustratori; da una parte i miti, e le tragedie, come protagoniste donne consapevoli del proprio destino, incapaci di esimersi da ciò che le aspetta, illustrate in un’astrazione temporale, come bloccate, congelate dalla mano della Miccoli, in quell’istante in cui tutto si sta per compiere, in cui un destino, una vita, trovano la propria inerme sorte. Ma anche un finale liberatorio, una sorta di espiazione delle proprie colpe e amara consolazione. Sancire una fine per la liberazione dell’animo in conflitto. Pochi i colori usati dall’artista, ma molto luminosi, utilizzati come esaltazione dei dettagli e come sottolineatura dell’atto tragico che si sta compiendo. Tragedia e morte in conflitto con un tratto definito, dettagliato e dolce; i visi delle sue eroine greche emergono dalla superfice e penetrano lo sguardo di chi le osserva, trasmettendo un racconto senza parole, fatto di emozioni e vite strettamente legate dal sottile confine tra vita e morte.
Dall’altra abbiamo invece i personaggi grezzi e tormentati di un Biserna dal tratto nevrotico, che cerca di “ferire” il foglio o la tela, facendo emergere la tormentata conflittualità interiore, una sorta di “sanguinamento” violento e continuo, atto a liberare le proprie gabbie interiori. Personaggi immaginifici, un autoritratto interiore “camuffato” pieno di rabbia e senza parole. Il forte uso del nero porta lo spettatore ad immergersi in quel mondo di terrore, senza luce o vie di fuga. Matteo Biserna usa pochissimi colori, predilige il nero e il bianco, c’è poca ricerca di spazialità o profondità, la sua bidimensionalità porta comunque ad un immaginario ben strutturato, quasi orrorifico. Un’espiazione anche la sua, una continua ricerca di tranquillità, una necessità di calmare una tempesta interiore che distrugge silenziosamente ogni possibile ostacolo.
Per questo parliamo di “solco”, un solco figurativo, un solco impercettibile alla vista, ma che lascia segni evidenti dell’animo di chi esegue e di chi osserva, una necessità di utilizzare il medium della pittura come unico linguaggio possibile per comunicare al mondo la propria sofferenza e la propria solitudine. Un mondo onirico incapace di poter comunicare con il mondo materialista, dove non c’è tempo né spazio per poter ascoltare un urlo silenzioso, una ricerca di aiuto che diviene, al tempo stesso, cura di sè e liberazione degli esecutori. 
Perire per rinascere.