lunedì 24 giugno 2013

Cassetto n°94

Steso al sole, tra ventri enormi dilatati, tette vuote e pendule, colli con pieghe e linee bianche, peli spezzati, incarniti, che creano pustole di pus attorcigliandosi nello strato sottocutaneo, unghie gialle, stratificate, grosse come dobloni d'oro  e  pelle che le inghiotte, unghie cadute, dita tozze. 
Amputazioni, atrofie, paralisi, flebiti, lividi, ritenzioni...
I culi, a migliaia, passano sulla mia testa: culi felliniani, oppure scarni e scavati, montagne di lipidico disprezzo alla gravità e alla vista altrui, sotto costumini made in Bangladesh.
Pelle, soprattutto pelle: secca, spellata, unta di crema al cocco, vaniglia, pelle molle, slabbrata, rughe a ragnatela sotto gli occhi, peli neri che escono dai nasi e dalle orecchie macchie cutanee, macchie d'età, lentiggini.
Maschere di Gilgamesh.
Cicatrici, smagliature, nei, bugni, punti neri, cicatrici da acne, buchi nascosti al sole, vene varicose, tatuaggi incerti, cicatrici da acne, l'avevo già detto?

Amore, ti spengo una canna vicino alla gamba, basta che tu non ti muovi...
Scade dopo 6 ore dalla convalida...scritto sul filtrino della canna, la spingo dentro la sabbia, sparisce. 
Un che di dolciastro e di già perso, resta in bocca, solita sensazione:
- Tutte queste troie, perchè le guardi? è me che dovresti guardare!
- Io non stavo guardando nessuno cazzo! Son qui che ti parlo!
- Non mi prendi per il culo, tu le guardi tutte!
Provo a fissare qualcos'altro, ma non vedo che carne, ovunque, poi c'è  un muretto scrostato, ecco, sei qui per me!
Percorro il muretto con lo sguardo fino a dove entra perpendicolare nell'acqua, un bordo scuro che taglia la melma adriatica e meduse e assorbenti, il mare è una latrina, eppure sposta milioni di persone...
- Senti piccola, sarebbe d'aiuto se ti dicessi che mi fanno schifo tutti: uomini e donne?
- Mi sarebbe d'aiuto se mi guardassi come l'anno scorso.

Ok, davanti a noi, un capanno da pesca, da piccolo da lì mi ci tuffavo in mare e facevo fatica, ci mettevo dieci minuti interi per salire e decidere di buttarmi, ma cazzo quanto è basso.
Forse avevo paura di questo: della sua bassezza.
Ti prego vieni qui sul telo, stringimi, abbracciami, stiamo al sole e basta, no lotte, domande, dubbi; li teniamo per stasera! Ora stiamo qui e ci sposiamo sul telo.

- Troppo facile eh? Ti è tornato il buonumore e tutto passa, no? A me passa quando passa...aspetti!
...io so aspettare e litigare e commiserarmi, miliardi di volte, per le stesse cazzate, per i nostri vuoti, per il gusto di sapere che sai ritrovarmi da qui a sempre, da sempre ad ora.
Mi rannicchio, come un ragno bruciacchiato sul mio telo corto, ho solo quattro arti, ma sono anche troppi, nella sabbia.
Penso al fatto che, ora, dal capanno da pesca, mi ci tufferei ad occhi chiusi, ma poi torno consapevole dell'assoluta mancanza di tempo, in questa spiaggia e mi rimetto ad osservare i carrelli di carne strizzata che corrono sul bagnasciuga.

Eritemi, addominali, psoriasi, forfora, protesi di silicone, voglie, alopecie areate ed universali...
Mi scolo una bottiglietta d'acqua rovente, ti sfioro, sto quasi meglio.




martedì 18 giugno 2013

Cassetto n°93

Come riannusare puzza di gasolio, fottuta, buonissima puzza di gasolio bruciato, che ci portavamo nei giubbini, nei capelli, dopo essere scesi dal motore e io ti stavo aggrappato dietro, le ginocchia sfioravano le carrozzerie negli slalom.
Lasciare mezza caviglia appiccicata alla marmitta, ogni tanto.
La notte era la Colonia Varese a chiamarci o qualche casa in costruzione, la pineta, con le torce, a spiare puttane e clienti, la paura di trovarci i nostri padri.
Sempre il rischio, come metro di giudizio, un rischio buono, condiviso. 
Ho un ricordo migliore delle prime cose, paradosso della memoria, quelle cose che te le ricordi sbiadite, come se i ricordi vecchissimi fossero in bianco e nero, che li fissi appena e son già cambiati, una nostalgia a presa rapida, veloce.
Era facile divertirsi, perchè qualcosa da fare, un posto da vedere, un tipo da incontrare, c'eran sempre. 
Come la zucca di Halloween, caduta di sotto sulla Mercedes di tuo padre, il tempo appena di pulire, poi dei gran horror, a rotazione: la Casa, Michael Myers e Jason, da te non si dormiva mai.
Era la tua la casa che volevo, il tuo cane, i tuoi spazi, che diventassero anche i miei.
Entravo di nascosto nella camera di tua sorella, a vedere il murales di New York, la statua e le finestrine illuminate dei grattacieli.
Era assurdamente bello, per me, poter avere un graffito in camera.
Ci ho pensato ora, che il fresco di una serata estiva mi ha portato da te: un legame immediato, genetico, come le molecole dell'acqua.
Le cose che son così e basta, che non le discuti.
Viale Roma, come base, un Phantom Malaguti rosso, tu che mi creavi gli agganci, poi mi lasciavi andare a conoscerle, a farmi strada, restando dietro, lanciavi le mode, o forse anche tu, le seguivi. 
Andava benissimo così.
Solo le mie sigarette, spreco di soldi, ti faceva incazzare, che vedevi un mondo di cose da fare e così poco tempo per star lì a sporcarmi un pò, come mi è sempre piaciuto.
Io ci son delle cose, che non riesco proprio più a vedere: come l'incrocio del tuo incidente e le scritte di anni fa, che rimangono, nel sottopassaggio a Savio, nelle ringhiere del campo da basket.
Le sono andate a cercare, meglio di ogni fotografia, fisse, scorrono il tempo avanti e indietro solo a toccarle, le scritte, il rilevo dell'Uniposca sul metallo. 
E provo a cercarti, Riccardo, mi metto in te.
Rientro in casa tua, come quella volta che misi i sassi sulle rotaie, il treno dovette frenare.
- Mi hanno beccato! e ricordo te, che mi aprivi:
- Qua non ti beccano, qua non ti beccano! -
Ora smetto di scrivere, anche quest'estate è esplosa, sento il ticchettio della strofa, che a Mirabilandia, nell'ultimo juke boxe della Romagna, faceva così: