venerdì 26 dicembre 2014

Cassetto n°150

Il 29 barrato non è certo il primo bus della mattina, sicuramente è il più affollato, 
Entro schivando per quanto possibile i discorsi, i deodoranti, le cartelline degli studenti con le righe in plastica che sbucano come frecce. 
Il 29 barrato è come una famiglia noiosa che ti tocca salutare ogni mattina prima del lavoro, con la differenza che non ho una famiglia e il lavoro l'ho perso da un mese. 
Vedo due posti liberi e me li prendo, butto giù lo zaino da trekking da 20 litri che uso quando mi sposto da solo per Milano, diciamo che dentro ho tutto. Mi siedo nel bel mezzo raggio di sole.
Il sole mi scalda, ma fa salire quell'odore di rancido e polvere dai sedili in stoffa sintetica viola lavati male.
Almeno non ho fatto colazione, cazzo. Chiudo gli occhi che mi pizzicano ai lati, tolgo le caccole con l'indice e immergo il naso nello spazio amniotico tra la manica della felpa e il polso.   
Due studentesse parlano davanti a me, sono le proprietarie di quella traccia chimica olfattiva zuccherina che sta appestando buona parte della zona sud del bus, vaniglia e fragola, quasi meglio il rancido a sto punto.  
- C'è troppo cloro in piscina, io li denuncio guarda che capelli..-
La più grande non ascolta, il suo sguardo è piantato sul bizzarro ometto che si è appena aggrappato al corrimano per obliterare.
- Mio dio, ma che testa ha quello?
In realtà tutto stanno guardando quel piccolo individuo, è entrato mischiato coi ragazzini delle elementari, l'altezza è la stessa ma non è certo un bambino. Cosa strabiliante, soprattutto, è uno che non si è mai visto prima. 
Ha un'ossatura esile, delle gambe magre, anziane, la pelle sottilissima tirata sopra ai polpacci, che sboccano in un ridicolo trepiede, che ricorda le zampe di un volatile. Si muove a saltelli, come una linea tratteggiata e si viene a sedere accanto a me, mi sorride e china il capo, quasi fosse la cosa più normale del mondo. Ha un cranio semplicemente enorme, piantato come una zucca su una canna, le pelle sulle tempie è un velo, una guaina che copre un reticolo sterminato di venuzze viola scuro. Sopra i fori che suppongo gli servano per ascoltare spesse formazioni romboidali di materia cheratinosa, squame direi.
Smetto di guardarlo, temo di offenderlo, si è girato e osserva corso Sempione dal finestrino, sembra una lucertola, un abbozzo di bocca appena sufficiente a permettere l'ingresso di una cannuccia per bere, il naso poi, quasi non esiste e due occhi enormi scuri, inespressivi, orientali, quelli di una lucertola, penso. 
Stringo lo chiavi in tasca, poi non so come mi viene in mente che oggi c'è l'affitto da pagare, che ansia, sono una ramo secco piantato in questa palude di merda.
Ma come faccio a penare a queste banalità, ho un alieno seduto a fianco e.
- Biglietti….
No, io poi non pago poi se vogliono i soldi mi mettono a posto quella cazzo di lavatrice, o col cazzo.
- Biglietti…..
- Ah si ecco!
Me lo ispeziona e si toglie dal cazzo
- Controllore scusi...
Indico con un cenno la strana creatura seminuda appoggiata accanto a me
- Senta qui dentro ci scopano, si drogano, ho visto gente contrattare appartamenti, cucciolate di dobermann, non mi importa nulla, se ha il biglietto, e ho controllato prima che ce l'ha, per me è a posto. Buongiorno.
- Controllore
- eh?
- No, niente




domenica 21 dicembre 2014

Cassetto n°149

Ogni volta che mi viene voglia di caffè mi accorgo che ho finito le cialde, se in questa casa la felicità si potesse misurare in caffè, sarei fritto.
Mi riassumessero alla fabbrica, giuro al mio dio del comodino, che berrei almeno tre caffè in meno, tutto questo per ingannarmi dal fatto che sto solo aspettando il suono di quella porta.
Osservo l'appartamento, sistemo dei libri che si sono accasciati sulla mensola, lasciano una scia di polvere ben sfumata e mi sorprendo di fare fatica. Non sembro lo stesso che muoveva chili e chili in palestra appena due anni fa. Due manubri in realtà li ho comprati, son sul tappetino vecchio del bagno, in garage, ma son talmente lucidi e freddi, che non me la sento mai di prenderli in mano. Bisognerebbe darli a qualcuno da usare per qualche anno, allora si, che diventerebbero belli ruvidi, opachi, più piacevoli da impugnare.
Qualcosa gira nella porta, Marisa rientra
- ciao
- Allora com'è andata?
Silenzio, odio poche cose più delle risposte negate, le odio anche più del freddo, Marisa lancia la borsa sul divano e si butta sulla poltrona è elegante nel ritrarre le gambe sul cuscino, riesce a farlo mentre si sfila entrambe le scarpe in perfetta sincronia. ploplof.
- dico…com'è andata?
Mi guarda come si guarderebbe un verme galleggiare nella zuppa
- Tanto so cosa pensi, ma ne abbiamo bisogno, è un lavoro
- è ben altro
- dare piacere a un disabile non è nulla di male
- è sesso a pagamento
- ma mica mi paga lui, mi paga il servizio sanitario nazionale
Alla conclusione della sua frase ho un semimancamento, penso alla mia ragazza mentre cerca di eccitare un giovane paralizzato indossando un guanto mentre lui sfoglia delle riviste porno.
- Lo guardi mentre lo fai?
- No, non è necessario
- Parlate?
- è tetraplegico non muto 
- cosa vi dite?
- Oggi ha messo su della musica
- Quante volte lo devi vedere ancora?
- Per ora non lo so, senti piantiamola, lo sapevi che lavoro facevo quando mi hai conosciuta: sono un assistente sessuale per disabili, abbiamo un albo professionale dio cristo!
Marisa decide che abbiamo parlato troppo e dobbiamo ascoltare l'arringa di un avvocato nella serie doppiata male del pomeriggio di canale cinque, poi si risveglia.
- la posta?
- cosa?
- dico, nel tuo pomeriggio intenso, sei riuscito a mandar almeno la raccomandata?
- ...mi sono dimenticato
- e poi mi dici che non ti vogliono riassumere
- scusami Marisa, ero troppo impegnato a pensarti ad impiastricciare di pomata l'uccello di un tetraplegico nel tentativo di farglielo rizzare
- ah non ho fatto mica troppa fatica, sai
- brava, ce l'aveva bello duro?
- direi come le staffe della sua bella carrozzina
Il formicolio mi prende la punta delle dita e si irradia caldo al palmo della mano, lo conosco bene, quando lo sparring partner mi mostrava la bella guancia muscolosa era il segnale di colpire dritto con un jab. Riesco a trattenermi, provo un breve moto di orgoglio. Decido di attaccarla sul suo campo e scovo una pagliuzza di ironia persa nel torrente del risentimento
- Beh avrete sbrigato in fretta con quel nuovo mascara sei davvero stupenda
Lei accusa il colpo, non si aspettava una gentilezza, ma Marisa è una vecchia iena
- Si ha fatto abbastanza presto e come vedi dal mio occhio arrossato ne aveva parecchia da smaltire.
Ok non ce la faccio, pensare troppo a certi dettagli mi fa un cattivo effetto e lei mi conosce bene.
- mi alzo, esco a bere un amaro
Lei è già piombata nella nuova puntata di Criminal Minds, modello non vedo, non sento, ma pungo.
- fai un po' quel cazzo che vuoi
Non riesco ad infilare la giacca, sempre troppo stretta di braccia e uscendo il gomito urta inavvertitamente l'orrendo cerbiatto candido di ceramica, suo regalo di comunione.
- Amore, è caduto il cerbiatto, amore ho rotto il cerbiatto.
- Nooooooooooo
Tante troppe volte ho sfiorato il cerbiatto, accarezzando questo recondito desiderio di frantumarlo, questa volta è avvenuto davvero
- Una disgrazia, scusami, sono sconvolto
- Sei uno stronzoooo
- Scusami amore, il giubbotto, è stata colpa del giubbotto
- Vattene via, per un po', fai un giro, chiama un amico, è l'unico oggetto a cui tenevo in questo porcile, e tu lo odiavi, lo so
- Non odiavo Pietro il cerbiatto
- Ora non chiamarlo per nome, non prendermi per il culo. Esci da questa fottuta topaia
- Se non ti piace la nostra casa, amore, puoi sempre affittarne una più grande col tuo nuovo stipendio

Fuori mi aspetta la strada e il bar Rita: uno, due, tre Jagermeister e mi metto a parlare col solito turista, Mike, un americano che vuole farsi due bicchierini, due ancora prima di tuffarsi nella cena di paella offerta dal suo albergo.



giovedì 11 dicembre 2014

Cassetto n°148

Puoi nasconderti bene se fai bene una cosa, anche alla Nike puoi scappare, anche a tutta una città che brama per averti
La Nike non mi lascia pace: vogliono la firma, una nuova pubblicità degli scarpini PROTOUCH-7.
Il mio avvocato decreta ancora una settimana, una settimana prima di accettare, che mica potrai rinunciare a due milioni così?
Oggettivamente tre soli tacchetti sono una stronzata, ma gli è uscita così, stanno spingendo tantissimo quel modello e a me chiedono solo delle foto con le scarpe addosso, poi monteranno un sofisticato video al computer, la fine si avvicina.
Esco dallo studio medico, mi serviva saperlo con chiarezza: la mia carriera è finita, ho abbastanza soldi per tre vite, ma non giocherò più con questa caviglia. Fumo una Marlboro dopo dieci anni, gran finale.
Il radiologo era più dispiaciuto di me, mio figlio tiene per voi...forse con delle terapie ritardiamo, cose che accadono e continua a rimescolare le carte.
Torno sempre a Tor Bella Monaca, dopo gli allenamenti, spengo il telefono due chilometri prima, mi metto una berretta ed entro nel mio primo appartamentino. Qui è dove sono nato, il portone è rotto da sempre, orologio fermo al muro, non servono chiavi. Parcheggio all'ex macello, salgo tre rampe a memoria, stomaco liscio come lisci i gradini. Lo tengo per coltivare la mia passione, questo posto.
La mia passione è Gloria, ha ventidue anni tra un mese. Gloria non esce dall'appartamento da quattro anni, anche prima, ero riuscito sempre e tenerla lontana dalla vita reale. Mia e sua, Gloria è un'esperimento, ovvero un esperimento della mia oltre-vita.
Veniva a vedermi, primi allenamenti al campetto del quartiere, avevo sedici anni, lei dieci, mi disse che si era innamorata, una sera davanti a una granita.
Lei non era bella come le altre, ma a me ci teneva davvero, era ossessionata da me, finché arrivò il primo ingaggio, io partì per un ritiro vero, sarò tua per sempre, mi disse, non voglio essere tua moglie, né uscire insieme, ma tienimi vicina. in qualche modo, in qualunque modo. Tienimi sempre-
Il compromesso arrivò così, da solo, per gradi, un quasi amore
Non dissi nulla a nessuno e le diedi le chiavi di questa piccola, immensa casa, che è dove è partito tutto, mentre mi costruivo una vita.
Più io diventavo un personaggio, più lei si ritraeva, mi chiese imbarazzata se potevo mantenerla, risposi di sì, lei lasciò il lavoro. Voglio trenta euro a settimana, non mi serve altro.
Te ne potrei dare tremila.
Trenta bastano, signore.
Mi sposai con un'altra donna, che amo, un'insegnante bellissima e colta, che mi ha dato tre figli sani, ma Gloria restava una parte della mia vita. Provvedevo a lei, aggiustavo la caldaia, portavo una pianta per il terrazzo.

Come stai amore?
Bene Paolo, ha portato il gattino?
ah no amore, purtroppo non sta ancora bene
Passiamo insieme due ore, tre pomeriggi a settimana, ho tutto il necessario e lei mi prepara un pranzo o una cena, metto dei dischi, Battisti e Mina. Sta bene con me, vedo che tiene le mie foto, ritagli di giornale, non mi chiede nulla della mia vita, per lei è sempre il 2000, questa cosa anziché spaventarmi, mi riporta all'equilibrio.
Mia moglie non sa nulla, nessuno sa nulla della faccenda, neanche i miei più intimi amici, ma oggi è successo qualcosa, e devo darle una brutta notizia, so che è uscita
Ero qui sotto e ho preso il pane, hai detto qualcosa a quello del pane?
No
Se mi menti me ne vado e sai che non mi vedrai mai più
lei si agita, le cade la ciotola dell'insalata, tremo
Parlavano di macchine, così ieri, e delle BMW e delle Jaguar e niente
Cosa hai detto Gloria?
Ho detto che per me sono meglio le BMW, perché dice sempre che le Jaguar, a parte gli interni, sono un disastro nell'elettronica.
Hai detto che ci conosciamo?
Ho detto di si
Hai detto che vengo qui?
No, solo che ci conosciamo

Non abbiamo mai fatto l'amore, non me l'ha mai chiesto, io non ne ho bisogno, eppure ci amiamo lo stesso. Vedi che non serve scopare per stare insieme. Mi direbbe una voce saggia nella testa. 
Se va tutto male fuori, io so che ho lei, e forse devo ammettere per quanto io sia centrale nella sua vita, io non saprei cosa essere senza di lei.
Lei forse sa legarsi ancora alle piante, agli angoli di sole sul lato del palazzo, le sue piccole passeggiate fino al corso. Io in realtà son solo senza lei.
Non potrò più giocare Gloria
Cosa dice il medico?
Non adesso, ma piano piano, un anno, forse
Mi fermo al lavello, dalla finestra i palazzi squarciano un sole pesante, Tor Bella Monaca mi serve, è una malattia che profuma di sapone e di preghiera.
Si accuccia sul divano di velluto verde, è un feto e sta lì, il disco stacca su Fiori rosa fiori di...
Mi avvicino, dall'alto provo invano ad abbracciarla, la disintegrerei, resteremmo su quel divano per sempre, e in quel momento la sensazione è forte: non posso andarmene da qui.

Gloria, vieni qui, andiamo al cinema