domenica 21 dicembre 2014

Cassetto n°149

Ogni volta che mi viene voglia di caffè mi accorgo che ho finito le cialde, se in questa casa la felicità si potesse misurare in caffè, sarei fritto.
Mi riassumessero alla fabbrica, giuro al mio dio del comodino, che berrei almeno tre caffè in meno, tutto questo per ingannarmi dal fatto che sto solo aspettando il suono di quella porta.
Osservo l'appartamento, sistemo dei libri che si sono accasciati sulla mensola, lasciano una scia di polvere ben sfumata e mi sorprendo di fare fatica. Non sembro lo stesso che muoveva chili e chili in palestra appena due anni fa. Due manubri in realtà li ho comprati, son sul tappetino vecchio del bagno, in garage, ma son talmente lucidi e freddi, che non me la sento mai di prenderli in mano. Bisognerebbe darli a qualcuno da usare per qualche anno, allora si, che diventerebbero belli ruvidi, opachi, più piacevoli da impugnare.
Qualcosa gira nella porta, Marisa rientra
- ciao
- Allora com'è andata?
Silenzio, odio poche cose più delle risposte negate, le odio anche più del freddo, Marisa lancia la borsa sul divano e si butta sulla poltrona è elegante nel ritrarre le gambe sul cuscino, riesce a farlo mentre si sfila entrambe le scarpe in perfetta sincronia. ploplof.
- dico…com'è andata?
Mi guarda come si guarderebbe un verme galleggiare nella zuppa
- Tanto so cosa pensi, ma ne abbiamo bisogno, è un lavoro
- è ben altro
- dare piacere a un disabile non è nulla di male
- è sesso a pagamento
- ma mica mi paga lui, mi paga il servizio sanitario nazionale
Alla conclusione della sua frase ho un semimancamento, penso alla mia ragazza mentre cerca di eccitare un giovane paralizzato indossando un guanto mentre lui sfoglia delle riviste porno.
- Lo guardi mentre lo fai?
- No, non è necessario
- Parlate?
- è tetraplegico non muto 
- cosa vi dite?
- Oggi ha messo su della musica
- Quante volte lo devi vedere ancora?
- Per ora non lo so, senti piantiamola, lo sapevi che lavoro facevo quando mi hai conosciuta: sono un assistente sessuale per disabili, abbiamo un albo professionale dio cristo!
Marisa decide che abbiamo parlato troppo e dobbiamo ascoltare l'arringa di un avvocato nella serie doppiata male del pomeriggio di canale cinque, poi si risveglia.
- la posta?
- cosa?
- dico, nel tuo pomeriggio intenso, sei riuscito a mandar almeno la raccomandata?
- ...mi sono dimenticato
- e poi mi dici che non ti vogliono riassumere
- scusami Marisa, ero troppo impegnato a pensarti ad impiastricciare di pomata l'uccello di un tetraplegico nel tentativo di farglielo rizzare
- ah non ho fatto mica troppa fatica, sai
- brava, ce l'aveva bello duro?
- direi come le staffe della sua bella carrozzina
Il formicolio mi prende la punta delle dita e si irradia caldo al palmo della mano, lo conosco bene, quando lo sparring partner mi mostrava la bella guancia muscolosa era il segnale di colpire dritto con un jab. Riesco a trattenermi, provo un breve moto di orgoglio. Decido di attaccarla sul suo campo e scovo una pagliuzza di ironia persa nel torrente del risentimento
- Beh avrete sbrigato in fretta con quel nuovo mascara sei davvero stupenda
Lei accusa il colpo, non si aspettava una gentilezza, ma Marisa è una vecchia iena
- Si ha fatto abbastanza presto e come vedi dal mio occhio arrossato ne aveva parecchia da smaltire.
Ok non ce la faccio, pensare troppo a certi dettagli mi fa un cattivo effetto e lei mi conosce bene.
- mi alzo, esco a bere un amaro
Lei è già piombata nella nuova puntata di Criminal Minds, modello non vedo, non sento, ma pungo.
- fai un po' quel cazzo che vuoi
Non riesco ad infilare la giacca, sempre troppo stretta di braccia e uscendo il gomito urta inavvertitamente l'orrendo cerbiatto candido di ceramica, suo regalo di comunione.
- Amore, è caduto il cerbiatto, amore ho rotto il cerbiatto.
- Nooooooooooo
Tante troppe volte ho sfiorato il cerbiatto, accarezzando questo recondito desiderio di frantumarlo, questa volta è avvenuto davvero
- Una disgrazia, scusami, sono sconvolto
- Sei uno stronzoooo
- Scusami amore, il giubbotto, è stata colpa del giubbotto
- Vattene via, per un po', fai un giro, chiama un amico, è l'unico oggetto a cui tenevo in questo porcile, e tu lo odiavi, lo so
- Non odiavo Pietro il cerbiatto
- Ora non chiamarlo per nome, non prendermi per il culo. Esci da questa fottuta topaia
- Se non ti piace la nostra casa, amore, puoi sempre affittarne una più grande col tuo nuovo stipendio

Fuori mi aspetta la strada e il bar Rita: uno, due, tre Jagermeister e mi metto a parlare col solito turista, Mike, un americano che vuole farsi due bicchierini, due ancora prima di tuffarsi nella cena di paella offerta dal suo albergo.



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