martedì 10 gennaio 2012

Cassetto n°10



Marzo, Rimini al tramonto. Per la prima volta me ne sto seduto fuori dal bar Paradise, sono passato di qui altre  volte a far colazione, ma oggi ho deciso di sedermi. Non ordino nulla e davanti a me una sigaretta brucia nel posacenere, in mezzo ad altri mozziconi. Attendo una persona e fingo di star qui da ore a leggere il mio libro, osservo i clienti, basta. 
Credo che i bar di bordo città, rappresentino un osservatorio privilegiato dell’umanità più vera e colorita. Mi piace perdermi nella gente, stare solo mentre eseguono i rituali,  lasciandomi assorbire dalla consuetudine, dai tentennamenti della vita. In questo bar, ad esempio, nessuno parcheggia negli spazi assegnati, lungo il marciapiede, sarebbe un disonore, le auto vengono lasciate in mezzo alla strada con le quattro frecce accese, o neppure quelle, il motore può essere in moto o meno, non importa. Furgoni e minicar in seconda, terza fila, sportelli che sbattono, gente che salta fuori dagli abitacoli come se scottassero, musica ossessiva dalle autoradio. 
La vita in scena, sul palco, solo noi: muratori, rappresentanti, avvocati, è l’ora dell’aperitivo e tutti tornano trionfanti, col loro Spritz o Americano, mentre la mano fruga vorace nelle tasche dei jeans alla ricerca del pacchetto, del cellulare o di chi sa cos’altro. Sono momenti in cui pare non debba accadere niente, e puntualmente si realizza qualcosa: 
Arrivano due auto, una berlina lucida e scura e un piccolo Fiorino bianco, “imbianchino Nanni”, si legge sulla fiancata. I due parcheggiano male e scendono all’unisono su binari paralleli, che li proiettano dentro il locale, vestono abiti diversi, profumi diversi, storie diverse.
Tutto accade in un attimo, l’operaio esce subito, accende una MS, e con la fretta nel sangue, sovrappensiero, barcolla e si dirige verso la grossa Mercedes S scura, posteggiata davanti al furgoncino. Non se ne rende conto, ha lo sguardo perso, è un gesto automatico, la mano scatta sicura sulla maniglia e fallisce. Si sente solo un clic secco, vuoto...echeggia per qualche secondo mentre tutti si fermano. Lo osserviamo e lui, con lo sguardo, è oltre il tettuccio, guarda dall’altra parte della strada. Il tempo si ferma, sorrido e tiro l’ultima boccata.
Il sole è basso, dietro ai palazzoni cementificati, rimastico quel che ho appena visto mentre schiaccio il mozzicone.
cosa siamo? Quello che è, quello che vorremmo? sicuramente siamo più desiderio che  altro, ma non solo; c'è quella sottile linea di luce che parte da sotto la porta e acceca in piena faccia... Talmente evidente da non poter esser osservata e siamo l’inaspettato scatto verso lo sportello di una macchina più comoda. Di una vita diversa”

È un frammento, lui torna alla sua auto, senza imbarazzo, sale e abbassa il finestrino, la cenere cade fuori. Io mi alzo e vado via, per oggi basta. Basta, grazie. 


4 commenti: