lunedì 15 aprile 2013

Cassetto n°87

Mezza parte dell'orto è tutta da vangare, sputo a terra, per far crescere meglio fave e piselli, ma qua ci sarà da spezzare qualche buon manico di vanga e da scorticare almeno un paio di mani.
Era già abbastanza dura, prima, non ci voleva questa. Lo zio Renzo, quello dei tre fratelli con il lavoro migliore, è finito sotto il camion da cui stava sbadilando asfalto. Era ancora cosciente, quando l'han tirato fuori, da sotto il rullo compressore, una gamba stritolata, l'altra staccata, proprio. Per lavoro posava su per i monti del Verghereto, la nostra bella E-45: la Ravenna-Orte, la strada che taglia Emilia Romagna, Toscana e Lazio.
Con questo zio c'era un rapporto strano, tipo quello che si ha con le superstar, ci si tiene tanto e le si conosce meglio di tutti, poi si finisce a credere che un pò ci conoscano anche loro, per osmosi. Lui per me era, a tutti gli effetti, un padre ideale. Dicevano che avesse tre lavori, pochissimo in Italia, nessuna donna fissa e faceva dei viaggi misteriosi, in Africa, in solitaria.
Mai saputo altro, il resto era tutta fantasia, quella che avevo proiettato su questo soggetto, fantasie che avevo in abbondanza e che si trovavano a vagabondare, qua, dove c'è il nulla, in collina.
Pensai molto al suo dolore, una qualità di dolore che non potevo ancora capire e che, allora, mi configuravo come puramente corporeo. Poi facevo anche pensieri più assurdi: uno senza gambe perderà pur almeno venti chili? Ora avevo uno zio da 45 chili? Avevo un zio che pesava meno di me, a tredici anni.
Mi stupiva pure che la casa, con tutta quella sconfitta nell'aria, con quella pesantezza di vivere dello zio amputato nel letto, che quella casa, dicevo, sopportasse tutto senza alcun accenno di cambiamento, di mutazione. Ad esempio i due grandi noci, all'ingresso, erano ancora fermi ed inutili.
Ne ho sopportata di merda, prima di scrivere questa roba, ma capite che, se la vita di quel periodo dovesse essere descritta in una parola, ora dovrebbe essere mutazione.
Dopo una settimana, le cose andavano ancora peggio: Renzo aveva un'infezione, era all'ospedale, lottava, lo operavano, se la cavava,  guariva un pò, si adattava alle protesi, le accettava, conviveva con la rabbia, se ne tirava fuori. 
Ora siamo qui, devo sistemare questo pezzettaccio di terra, scrivo a fatica, sopportando le urla dei bambini che giocano a calcio. Mi ricordo che, quando giocavo io, l'erba si maciullava sull'orlo dei jeans, tingendoli di verde, mia madre passava i pomeriggi, a ripulirli.
Il vicino usciva a sistemare l'orto e abbassava la testa, non sapeva che dire e zappa la terra, imbarazzato
- Guardi che mica è colpa sua! - gli avrei detto - se zio Renzo è finito sotto il rullo! - Lo vedevo che voleva attaccar bottone ma che proprio non ce la faceva. C'è sempre il tipo impacciato, che non vuol disturbare, come c'è sempre quello a suo agio, nella crisi, che pare quasi aspetti qualche disgrazia per poter esibire il suo sguardo contrito e le frasi preformate sugli avvocati e sulla fortuna, di essere, almeno, ancora vivi. 
Merda, vicinaglia, ipocriti, falliti, maleducati e schivi! Piegati dalla miseria e dalla terra! Mi allontanai da casa, per un caffè, ma anche il bar era chiuso, di domenica, solo qualche ritardato che passeggiava nel parco, a uno avevan regalato un cagnolino.
E io volevo uccidermi, ucciderli: i ritardati e i cagnolini, per esser tutti testimoni di questo scempio.

Cazzo io avevo le gambe, ci camminavo, proprio allora, mentre buttavo giù questi appunti, e non ci pensavo. "Le gambe sono sprecate, se ci si siede sopra" scriveva Thoreau, ma anche se le lasci, come dono all'ANAS, per poi trovarti un avvocato di merda, che ci ricava sopra appena il necessario per le cure e per rifare due stanze della vecchia casa. Ma cosa vuoi, qua siam tutti contadini! Qua, già va bene, se ci pagano qualcosa, che non ci siamo stati abituati, ad ottenere, e neanche a pretendere.
Renzo, però, l'avevo sempre visto diverso, sulle sue gambe, diretto altrove. Fatico ad abituarmi, non riesco ancora a pensarlo senza.
E' facile spaventarsi anche per meno, comunque sempre più facile, quando capisci che razza di beffa sia tutto.

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