domenica 7 aprile 2013

Cassetto n°86


-Un dente cariato-

Nell'estate del 1993, il fatto di essere quasi affogato al mare, spinse i miei genitori a iscrivermi ad un week-end sull'Appennino con la parrocchia di S. Agostino. Oltre al prete, figura nebbiosa, narcotizzato nei primi posti del pulmino  aziendale pubblico, c'erano una decina di entusiasti ragazzi più grandi di me, giovani che sfruttavano un passaggio per trascorrere il fine settimana gratuito sui monti. Unico obbligo per loro: sorbirsi noi piccoli impiastri. 
Arrivammo a Bagno di Romagna un afoso venerdì mattina, qualcuno aveva già vomitato, altri stavano iniziando a chiedersi quanto mancasse a domenica sera. Io no, ero ottimista, pensavo agli abeti conici e alle pigre trote salmonate nelle pozze d'acqua fresca, speravo in grigliate di carne e racconti paurosi in cerchio. Avremmo soggiornato in tende messe a disposizione dalla parrocchia presso il camping Ali d'Oro. Nome che, abbinato al fattore-chiesa, avrebbe già dovuto dirmi qualcosa, ma ero comunque felice.  
Il più economico e caldo buco della valle del torrente Rabbi era a nostra completa ed assoluta disposizione. No, direi proprio di no! 
Da subito le mie aspettative di due giorni di pesca e giochi si stravolsero. Eravamo sostanzialmente rinchiusi in un serraglio costruito con reti per polli, le tende erano vecchie canadesi dell'esercito egiziano, dentro non filtrava un'anima d'aria: forni. I ragazzi più grandi assunsero da subito una leadership basata sulla violenza e sulla sopraffazione. Individuarono alcuni capri espiatori per dare lezioni morali al nostro gruppo, una trentina di bambini sui dodici anni. I motivi per scatenare la loro rabbia erano praticamente assurdi, potevano essere gli occhiali storti o anche molto meno, comunque, si veniva colpiti arbitrariamente e in modo ciclico. Il posto era un lager, ci era concesso riunirci solo in punti stabiliti e in orari prefissati, dovevamo chiedere il permesso per parlare, spostarci, andare in bagno. Il resto del tempo era dedicato a compiti da fare in tenda, riassunti di brevi brani fotocopiati tratti dal Nuovo ed Antico Testamento. Brani che, anziché essere raccolti o corretti, venivano buttati nella brace del barbecue, direttamente, non appena li consegnavamo.
Il secondo motivo della mia partecipazione alla gita, oltre alla momentanea fobia dell'acqua salata, era Marta, una mia vicina di casa. Marta, per le fattezze esotiche, era già conosciuta come una delle bambine più carine sulla piazza, a parte il fatto che la carnagione scura e i capelli corvini corrispondevano ad una sorprendente e folta peluria sugli avambracci. Cosa che non mi importava, se teneva le maniche lunghe sentivo che avrei potuto amarla tutta la vita. Marta, ovviamente, non mi cagava, se non per alcune feste a casa mia, occasioni piuttosto deludenti e formali, in verità, non mi aveva mai parlato. Lei stravedeva per Mario. Sedicenne di colore, coi dreadlock, chitarrista in erba, pittore in erba, in erba su tutto. Mario riforniva tutto il gruppo degli educatori di sostanze e arrotolati farciti che addolcivano l'aria estiva con voluminose zaffate dietro le loro tende. Ogni mezz'ora qualcuno di loro chiamava qualcun'altro e ci si dava il cambio per andare sul retro, a fumare. Marta cominciò a frequentare il retrotenda molto spesso, perciò cercai di concentrarmi su altro, senza riuscirci. Come sottofondo a questo dramma personale, una radio a pile AIWA, trasmetteva ininterrottamente canti religiosi e schitarrate inneggianti a pecore smarrite e terre ormai palesemente sante, proprio sotto l'unica finestrella della mia canadese.  
La realtà, là al camping Ali d'Oro, ti fissava dritto negli occhi e il suo volto era questo: mosche, sudore e polvere. 
Mentre i sedicenni ruotavano tutti intorno a Mario, un po' per carisma, un po' per necessità, io provavo per lui una reazione mista di invidia-ammirazione. Ogni tanto, qualcuno di loro, emergendo da quella nube tossica con gli occhi iniettati di sangue, ci fissava, come per strozzarci, poi si lasciava partire l''urlo: "Gesù è con voi! Gioite infanti!" Io credevo di essere finito in un incubo, dal mio mondo di piccole passioni e lenti rituali pomeridiani, ero atterrato in un recinto senza regole, piantato come un dente cariato nel più brullo Appennino emiliano-romagnolo. Allora non avevamo i cellulari e, comunque, ce lo avrebbero requisito, quell'esperienza mi servì, almeno momentaneamente, ad apprezzare di più casa mia.
Domenica mattina Don Sergio celebrò una stentorea messa improvvisata al centro del campo, dentro un cerchio scavato nella polvere. Noi eravamo tutti accovacciati intorno, davanti gli educatori, dietro noi marmocchi. L'altare era un banco di scuola con la statua in gesso della Madonna e un lurido panno in raso bianco ricamato a colombe e fiori rossi. Don Sergio, grasso e pio di lunghi inverni in canonica, sudava copiosamente ai trenta gradi del sole montano, e le due pubescenti educatrici, davanti a me, non smettevano di parlare un attimo. Questo è quello che ricordo del loro discorso, bisbigliato, che, praticamente, ruotava solo attorno ad un tema:
- Non è che i ciccioni mi facciano schifo, odio il loro modo di respirare -
- ah, si? -
Chiara, figlia del noto penalista Gualdi, si stava accendendo una sigaretta, accanto a lei, Giusy, truccatrice disoccupata, che cercava con modesto successo, di resistere all'impulso di rollarsi una sigaretta a sua volta.
- Oggi, a colazione, ero vicina al prete e ansimava, sembrava stesse facendo le scale, ma era semplicemente lì, che guardava il suo caffè.. -  
- si, penso di capire cosa intendi…-
- è un po' come se stessero sempre scopando, sono affannati, sudati, maleodoranti -
- e se tu ne incontrassi uno estremamente intelligente, voglio dire una mente fuori dalla media? -
- spiegati meglio! - Chiara spense il mozzicone.
- cioè mettiamo che conosci uno scrittore, un cantautore, uno che ha viaggiato, che ha solo qualche chilo in più? -
- dipende da quanto è grasso, Giusy! -
- si, uno che a parte il peso rappresenti il tuo uomo ideale, uno che vada oltre le banali leggi dell'estetica occidentale, consapevole e menefreghista del sistema costruito attorno a lui -
- non lo so, non mi è mai successo -
- io credo che tu sia estremamente limitata, Chiara, e non lo dico per offenderti, solo credo che certi genere di ragionamenti, semplicemente, non li farai mai! -
- Sei tu ad essere un'ipocrita, Giusy! Il tuo ragazzo non mi pare un ciccione di sto cazzo: Riccardo, il campione di nuoto e baseball! -
- d'accordo, ma, vedi, ti stai difendendo! -
- no, dico solo che se, al mare, dovessi abbracciarti a un cinghiale peloso e sudato che ti sbuffa in faccia, magari faresti meno la filosofa della situazione!  -
- ti difendi estremizzando, non hai argomenti! -
- no, li ho! E alcuni riguardano il fatto che sei una buonista e sinistroide anorgasmica! -
- Sempre sia lodato, AMEN! -
Poi la messa finì, tutti in piedi e cose del genere…
Nel pomeriggio stavo fermo a fissare i colli, davanti alla mia tenda, quando  Mario mi prese da parte. Aveva dei modi comunque gentili e disponibili per il suo status di semidio. 
- ti ho osservato, ragazzo, e sei uno che sa stare sulle sue, non dai nell'occhio! -
Io, che non ero poi una sega totale nei rapporti coi grandi, mi sbilanciai:
- ah grazie! So solamente a chi non devo pestare i piedi! -
Questa era, ovviamente, una frase riciclata da film spazzatura di Stallone, tipo sorvegliato speciale o simili.
-senti, oggi pomeriggio ci sarà un'ispezione, lo so da fonti sicure, il prete si è incazzato e tu dovresti tenermi questo!-
Mi porse in mano un pacchetto in carta d'alluminio grosso come un panetto di burro, era caldo perché, credo, lo teneva sempre in tasca, o nelle mutande
- Ora quello che hai in mano, è il mio reddito, la mia paga ed il mio futuro a breve termine, non ti controlleranno,  se tu taci, io te ne sarò grato -
 - si, ma dove lo metto? -
- hanno chiuso le reti, non si entra e non si esce dal campo, mettilo dove non lo troveranno! -
Nell'ora successiva ispettori più grandi, venuti appositamente dalla sede centrale, tirarono all'aria il misero campo, perquisirono borse e zaini, fecero interrogatori incrociati agli educatori, cercavano di mettere tutti contro tutti con le tecnica dello sfinimento emotivo. Vidi molti duri piangere lacrime amare come agnelli senza mamma, vidi gente crollare, pur non avendo nulla da nascondere. Solo Mario si mantenne sempre impassibile, collaborava senza dare nell'occhio, aveva giostrato tutto.
Alla fine, nella scatola dei sequestri, c'erano innumerevoli riviste sporche, tra cui una di quelle con gli animali, dei coltellini, una dozzina di pacchetti di sigarette e bottiglie di Ruhm ed Alchermes, praticamente vuote. Un magro bottino per i furibondi ispettori, consapevoli di essere stati beffati alla grande. Avevo messo l'enorme panetto di fumo proprio nell'odiata radio AIWA, sapevo che nessuno avrebbe acceso la musica nel bel mezzo del blitz inquisitorio. Smontando le grosse pile stilo si otteneva giusto lo spazio sufficiente ad occultare la droga. Poi pregai, per la prima volta da quando ero al campo e forse al mondo, il buon Gesù, di proteggere quella stagnola e di conseguenza la mia inviolata mandibola.
La cosa funzionò, ebbi giusto in tempo per lasciare il panetto a Mario, nel posto concordato, e di rimettere al loro posto le batterie, che accorse un sorvegliante ad accendere lo stereo, per allietare quelle ultime ore di campeggio, appesantite dalla penosa pratica perquisitoria. Ascoltai quelle ore di canti sacri con rinnovata gioia e letizia, prima di risalire nel pulmino del servizio pubblico per tornare verso casa.
D'altronde, uscì dai quei due giorni e mezzo sapendo di non essere abbastanza grasso e di odiare tremendamente la chitarra acustica. Il suo suono mi procura, ancor oggi, comprensibilissimi sudori freddi.
Ecco, gentilissimi ospiti di questa gioiosa giornata, come conobbi gli sposi: Mario e Marta. Non so perché in questa cerimonia mi sia stato dato tanto spazio, forse senza di me, Mario sarebbe finito precocemente in un riformatorio, forse le sue fuorvianti passioni giovanili, tuttora gradite, l'avrebbero distolto dalla sua strada, che poi era la stessa di Marta. Se sono qui c'è senz'altro una ragione oscura, che è poi la stessa per cui tanto spazio era destinato alle pile, nei vecchi modelli di stereo compatti trasportabili con maniglia. Io posso solo augurare loro tutto il bene, come auguro a voi di godervi il rinfresco, l'orchestra e l'ottimo vino gratis. 
Ora, chi ha da accendere, miei cari?

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