mercoledì 11 giugno 2014

Cassetto n°131

Ci vuole una bella faccia tosta, una certa sicurezza e fantasia, per indossare un cappello di paglia così, a falda larga, e andarci al mercato a Cervia, mica solo stare a Savio, o al mare, andarci proprio in banca, dal notaio, eccetera.
Mio nonno, Attilio Scarpellini, aveva stile da vendere. 
- Ma non vedi che è uguale a quell'attore americano, Walter Matthau? Al pronto soccorso gli chiedevano l'autografo, che pezzo d'uomo.
Ora, io non so se mia nonna ritenesse davvero Walter Matthau un gran figo, sicuramente era alto, elegante e aveva una bella faccia simpatica da americano, molto più di quel coglione di Jack Lemmon, almeno. Mia nonna, conservava per la stazza di mio nonno un'ammirazione quasi fanciullesca.
Attilio era, dunque, alto e forte, tanto che era conosciuto come quello "del quintale" cioè Scarpellini si poteva caricare tranquillamente un quintale in spalla e salirci in bici tutto l'argine del fiume Savio. 
- Nonna, diobono, non poteva fare due giri? Le chiesi, una volta.
- Lasà andè e lavureva c'me un màtt: camiunèsta, salinèr, imbianchì.
Poi, mi ricorda, che era tra i primi ad essersi messo a vendere bombole del gas, le accumulava in un capanno degli attrezzi e sul muro, con la vernice rossa, ci aveva scritto: VIETATO FUMARE. 
C'è ancora scritto, diobono.
Ma i romagnoli sono così: matti, rissosi, spacconi e teneri, inclini a grandi imprese e a grandi cadute. Mio nonno era un esagerato, in tutto: la romagna era un paese surreale a quei tempi, in spiaggia potevi fare le foto in un set hawaiano con bonghi e palme in plastica, allestito da un fotografo professionista, ti metteva pure in braccio un cucciolo di leone vero: era la foto di tutto l'anno, mica che costasse poco.
- Quella volta che venne Benini, che era il proprietario della ditta di camio (l'ultima lettera, sopratutto se consonante è bandita da mia nonna) per cui lavorava Tiglio, a chiedergli un prestito. 
Ah Benini era uno ricco e importante, Attilio disse: noi saliamo di sopra a parlare, scesero, un minuto dopo e ridevano.
Quando Benini andò via, gli dissi: - Tiglio? Ma ci màt? Non abbiamo i soldi per pagare la casa
E lui:
- Benini è uno serio, riavremo i soldi, e poi AVEVA bisogno.
Ecco io, questa cosa di aiutare chi ha bisogno, di rischiare per gli altri, a mio nonno l'ho sempre invidiata.
Le preparazioni per il Luna Park erano esaltanti, cioè i miei nonni giravano solo in coppia, mia nonna non ha mai guidato, lui preparava e lavava la sua Wolkswagen Passat azzurrina: un carrarmato in lamiera, squadrato come le Cadillac americane, beveva come un trattore. 
Mia nonna si vestiva in cappotto e collo di volpe (presumibilmente anche d'estate) poi si partiva ai trenta km orari, velocità che, a mio nonno, non ho mai visto superare.
Tempo di percorrenza Savio-Lido di Savio intorno ai venti minuti. Dietro di sè creava code chilometriche, giovani urlanti attaccati al clacson, che lo superavano inveendo, diretti chissà da quale parte della bollente notte in riviera. 
Lui sorrideva
- C'è tempo.. solo questo, ripeteva sempre: c'è tempo.
Arrivati a Lido di Savio o a Lido di Classe, nel delirio stroboscopico del Luna Park, mia nonna stringeva la borsa
- Atenti burdel, què sò tot zengan!  
C'era il mito della grossa zingara, che ti sarebbe venuta di fianco e ti avrebbe fatto sparire sotto la sua gonna a fiori...puff! Che io, un pò, ci avrei anche sperato.
Più che una passeggiata, era una sfilata, mio nonno parcheggiava dove poteva vedere la Passat, e si faceva un giro per un gelati o dello zucchero filato. Giochi pochi, c'l'è un butè vià di baioc.
Se prendevo un sasso in mano, un bastone, essendo sempre stato amante di giochi di lancio e sfascio, lo sentivo immediatamente profetizzare il peggio: Te dì cut rimbelza in tla faza e ut cheva i oc!
Forse l'ho già detto, mio nonno era un pò estremo nei giudizi, come a credere che per qualsiasi male: dall'influenza al cancro, fossero da alternare solo spremute di arancia e Parmigiano a tocchi, perché li danno anche negli ospedali, son medicine.
Ricordo un giorno, forse un anno prima che morisse, Attilio era ancora in gran forma, mio babbo aveva preso una di quelle prime telecamere, quelle con le cassette che entravano di lato e ovviamente da un mese filmava qualsiasi cosa si muovesse intorno a lui. Quel giorno fece una lunga intervista improvvisata a mio nonno, sotto a un fico, nell'orto.
Ricordo mio nonno, in canotta bianca e cappello in paglia rispondere con sicurezza a domande sulla vita, il lavoro, il denaro, la fine, anche la sua, fine. Era bello e abbronzato, era Walter Matthau.
Io ero lì, di fianco, dietro alla macchina da presa, fu importante, esserci stato.
Ecco cazzo, adesso io, quella cassetta, vorrei proprio ritrovarla.


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