mercoledì 7 marzo 2012

Cassetto n°23



Sono in un boschetto innevato, alberi sottili e regolari, sono più piccolo di ieri e ho paura di questo silenzio,  solo un vento leggero e  gelido fa da sottofondo, poi un suono protratto, elettrico, come di  televisore in standby.  Possibile che senta il mare qui, nel bosco?
Eppure questo è il suono di onde che risucchiano, vento che scroscia, poi insieme, uno sciacquo, come lavaggi d'acqua salata. Indosso la felpa rossa con l'aquila, era la mia preferita.
Questo posto è come il buio, come il fondo del mare, un ambiente enorme e piatto, senza spessore, solo ripetizioni seriali di mazzetti di tronchi e animali che spaventano.
Alcuni passi alle mie spalle mi fan saltare, è un uomo alto, spalle larghe, lunghe braccia e mani grandi, mi cammina intorno, è sereno, avrà trent'anni. Porta una camicia e una giacca grigioverde, in lana e pantaloni ampi con la piega, ha tutto l'aspetto di un militare, ma non ha gradi o simboli sul petto, sovrastato in altezza, lo osservo.
Ha appoggiato una bicicletta argentata, una Olympia, qualche albero più in là. Dentro di me sento di averlo già conosciuto, ma era più anziano e magro, più rughe sul volto e le dita erano  secche, nodose finivano in grandi unghie marroni. Sono sorpreso dai lobi delle sue orecchie, grandissime, lunghe, orecchie che non paiono di un uomo. Le orecchie sono l'unica cosa sempre uguale, insieme al portamento tirato, da repubblicano convinto.

Capisco di non stare vivendo nel presente, sono in un sogno o vivo passato, ho bevuto troppo vino, assopito da un fuoco scoppiettante. Cerco i confini di quello scenario, ma non li trovo, ricordo solo una foto, tagliata in due dal cemento di una provincia in costruzione, il mio paese.
Il profilo di un cavallino bianco trainato da una cordicella e sopra, un bimbo che ride, il riso ora si perde nelle neve e nella nebbia, solo nebbia e silenzio.

L'uomo ha un pacco di carte sotto il braccio, documenti, foto, planimetrie, getta una cicca nella neve, sigarette senza filtro, sigarette così, che non si vendono da anni.
Mi guarda serio, chiede come vanno le cose, anch'io, adesso, sono a mio agio...
" Bene, soliti problemi, credo sia stato peggio per voi...la guerra, la miseria..."
"Ma tu non sei forte neppure la metà di quel che eravamo noi"
"Dove state combattendo?"
"Non sono un soldato, son stato riformato per questioni familiari, orfano di padre.
Sto guidando un camion verso nord, al confine, ora è parcheggiato  nella neve a quattro chilometri da qui, sulla strada, ho dovuto pagare due contadini svegli per sorvegliarlo"
Si accende una seconda sigarettina, con il primo tiro arriva praticamente a metà, il fiammifero vola via, sfrigolando nella neve, che mani enormi che ha.
"Vado a recuperare prigionieri, nostri connazionali, ormai solo scheletri muti, che i tedeschi han dovuto lasciar andare, la guerra è finita, ora ricostruiremo tutto daccapo...non sarà una gita, neanche un pò."
Abbassa lo sguardo su di me

"Ma ora dobbiamo parlare"

"Cosa mi deve dire?" chiedo, come senza trattenere le parole.
"E' stato lei a scrivermi, una lettera datata 14 gennaio 2009, mi chiedeva di trovarci qui, oggi, ho fatto parecchia fatica a presentarmi, non creda..."

Non capisco e non aggiungo nulla, il freddo mi pietrifica, soffici fiocchi danzano dinnanzi alle mie pupille
"Io le ho portato quello che mi ha chiesto. Queste sono le cose in sospeso, alcune sono per lei e suo fratello, altre deve darle a Daniela e ad Oreste. Ho evidenziato a matita i passaggi più importanti...non abbia fretta di concludere questi compiti, potrebbero volerci anni, lo prenda come un percorso, mi creda"
Gli scarponi scricchiolano nella neve, rompiamo uova, mentre mi passa il pesante pacco di carte, nelle orme, il suolo, è compatto. Lontano, con la coda dell'occhio, sfreccia una lepre, si muove a scatti, come mossa da fili da un burattinaio invisibile sopra questa scena.

"Ma io non so che farmene, questa è la sua vita, non la mia!" ribatto, la carta è gialla, carta di quarant'anni, forse più
"E' qui che sbaglia, questa è tutta roba sua, se vorrà occuparsene, ne avrà per una vita!"
Mi pare sul punto di girare le spalle e tornare alla sua bici, lancia il mozzicone a terra e affonda la punta dello stivale nella neve: ssssst!
Quando continua: "in realtà c'è un'altra cosa che devo dirle"
Lo ascolto, non vorrei lasciare le cose al caso, dovrei capire davvero tutto subito, ma non capisco cosa devo fare, perché sono qui.

"Riguarda le due case a Punta Marina, quelle della causa in tribunale...avrei due parole a riguardo"
Attendo, so di cosa si tratta
"Perché vede, ora lo so, la storia è sempre falsa, scritta dai prepotenti, dai vincitori. Ma suo zio  Giuliano, è davvero l'ombra dietro alle vicende, deve provare a procurargli qualche fastidio, fatti chiedono luce..."
Quel nome messo lì a caso mi procura un moto di rabbia: Giuliano, ormai novantenne, l'uomo che sta muovendo da anni le fila del nostro dramma familiare, fratello di mia nonna, pare avere a cuore solo una brama di possesso e di espansione quasi innaturale.

"Ora deve essere giocatore, ora deve esporsi. Io ero buono, amico di tutti, lei ha una parte nera, è la persona giusta perchè ha dato il giusto peso al suo cuore, quello della metà."
Apre un grande fazzoletto di stoffa, c'è un pezzo di formaggio, due fette di pane e una mela verde
Estrae la punta di ferro, una saraca romagnola lunga quanto una bottiglia, taglio preciso,  mi passa la fetta di pecorino, sul pane, ho tanta fame e sento il sapore del metallo, il ferro.
"Giuliano ha ottenuto tutto quello che ha nell'inganno" continua "Ha seviziato, manipolato i suoi anziani, gli stessi genitori, partendo dalla tua bisnonna Ada, le ha sempre tolto tutto."
Sono ipnotizzato da quel coltello, un'arma superba,oggi persa nel ricordo dei vecchi al riposo , dopo il mezzogiorno.
"Decideva lui, come e se, in casa si sarebbe mangiato, comprato un paio di mutande, ha sempre dirottato ogni centesimo sui suoi conti e ora vuole quelle case, ma non ne ha diritto."
sbotto: "Cazzo, va fermato! Ma ha amici in politica, influenze..."
"Giuliano mi odia a morte, era concierge di un grande albergo il Prestige, quattro stelle a Lido di Savio, ricorda?"
Annuisco
"Beh,  che una sera, a servizio ultimato, gli portai delle bombole di gas, le aveva chieste giorni prima, non mi aspettava, era tardi, vidi delle cose, dico solo che aveva vizi ben peggiori del truffare la sua bisnonna..."
Quell'uomo familiare continuò e ascoltavo, sapendo già tutto

"La luce della portineria era accesa, la porta dello sgabuzzino socchiusa, vidi poco, ma vidi tutto. Era con il fattorino, forse minorenne, spero solo che quel ragazzo non sapesse chiaramente cosa stava facendo..."
"Li feci uscire, cacciai il ragazzo e diedi tre pugni forti a Giuliano, non sul naso, ma la sua faccia, ne ebbe per tre mesi."
Ora capivo tanto.
"Quest'episodio non venne mai alla luce, tutta la stabilità della nostra famiglia, emotiva, finanziaria, l'accordo tra le donne, si basava sulla simulazione di un rapporto disteso tra me e lui, lo sapevamo e avremmo vomitato piuttosto che stringerci la mano, ma ce la stringemmo comunque, in vari modi"

"Non avevo mai capito le origini di tanto rancore, lei l'hai sempre avuto in pugno, almeno mentalmente."
Perché queste famiglie bruciano dall'interno? Dovrei scovare la rabbia dentro il cuore della mia stirpe e farla scontrare con la mia in un luogo neutrale, un sogno, come questo.

"Si, si vergognava, e non sopportava di non tenere il timone, era un galletto da pollaio, un fascista da quattro soldi, talmente nero da inzaccherare persino le lenzuola in cui dormiva."
Indicò il pacco, col suo dito, grosso come tre dei miei.
"Queste carte la condurranno da un notaio e un amico, l'avvocato Benini, di Ravenna e Bologna, forse incontrerà lui, forse il figlio Gianluca, ma hanno un diario, nei loro archivi, lo lasciai io nel 1992."
"Matteo, un diario di sua bisnonna Ada, originale. La nonna ha tenuto annotazioni, bollette, fatture, tutto contro suo zio e sua figlia. Segua le tracce, tutto sta diversamente da come appare e deve portare i documenti alle persone che le indico."
Il testimone è passato, lo afferro tra le dita, questa carta è il mandato.

"Mi faccia un piacere, un grosso piacere, abbracci Adriana, le dica che oltre al buio le cose non stanno come pensate, capiamo poco, fa parte del tutto, sa...il disegno o quelle balle lì. Sappia solo che nessuna religione, nessun credo sa quello che sto per dirle."
La vita è davvero fine a sé stessa, finiamo e basta, un bel giorno, restano solo le azioni, i contatti, siamo oggetti appena dipinti che lasciano macchie ovunque, dove ci appoggiamo, dove ci sediamo, poi restano solo quelle tracce. senza malinconia o gioia, restano.
Mi sento ancora su quel cavallino, trainato a corda, ma ho trent'anni, trent'anni, cazzo! E devo muovermi, le cose sfuggono e passano accanto. I miei cari sono quelle lepri che fuggono a rintanarsi sotto la neve, devo fotografarli in tempo e dire loro tutto quello che posso. Non ho la più vaga idea di che ore siano.
"Prenda questa guerra, ad esempio, chi corre contro il nemico non pensa che non riuscirà a sparare, verrà colpito ancora prima di aver concepito un movimento, in fondo, in cuor suo, lo sa bene, ma corre all'assalto comunque"
"Nessuno parla della morte come stato di paura, di non sapere dove si è, cerchiamo di rassicurarci su qualcosa che non sappiamo. Natura umana...patetica, pratica, resistente... Guardi là, ad esempio..."
Indica un punto lontano, mi perdo nella direzione, Attilio, mio nonno, il giovane soldato, non esiste più.
E mi vengono in mente quei fiori arancioni, una cascata che scendeva sul muro davanti alla finestra di nonna, non profumavano, ma li raccoglievo e ne staccavo solo un pezzetto coi denti, quello posteriore, era dolce, facendo attenzione che non ci fosse dentro una vespa.
Sono solo, quanto tempo è passato non lo so, ma mi prende una paura fottuta della morte, dei soldati nemici appostati nella neve, mi aspetto una pallottola.
"Chi mi vuole mettere una pallottola in testa? Sono qui!" urlo
Non rispondono, non salta neppure una lepre. Potresti essere dietro al primo pino, al cespuglio di pungitopo, tu, Nemico Totale, morte in persona, in divisa troppo grande e sgualcita. Potresti essere in qualunque momento e sempre.
Per uno come me, che voleva volare con la fantasia, tutto questo è troppo, lontano si ferma un camion, la corsa non torna più indietro.
Devo tornare a quel rifugio che ho visto venendo, con le finestre illuminate, mi mette paura, ma, Dio, se devo tornarci.

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