sabato 25 maggio 2013

Cassetto n°91


...e boh niente, mi trovo a guardare il mascarpone giallo sciolto nella mia ciotola, mi sento strano, cerco di mantenermi consapevole solo del qui ed ora.
Voglio arrivare a fine serata salvo, intero, esprimere opinioni al minimo, far sentire a suo agio mia moglie, riprendere la macchina e ficcarmi sotto una lampadina a scrivere il mio libro.
Tempo stimato: tre ore.
Inzuppo il cucchiaio nel mascarpone altre tre volte. Lo aspettavamo tutti, sto mascarpone.
Sarei quasi al sicuro, senza la Gina. 
E' una condanna, la Gina, fidanzata di mio cognato, come ogni vigilia me la trovo seduta davanti, ci capita sempre e non so quanto sia casuale, il fatto è che è incredibilmente facile parlare con lei, di tutto, ha delle opinioni sue, molto forti, ma sa mettermi sempre a mio agio, a differenza di tutti, lei ascolta. 
Quest'anno ci siamo sistemati sotto l'abete argentato con le palline in tinta,  il padrone di casa stappa Chianti da due ore e questo mascarpone non finisce mai. Chiedo consigli a caso sulla cottura delle patate di prima. Tutto molto bello:
- Le faccio ancora i complimenti per la cena, dottoressa Strini!  
Quella manco risponde, grande puttana, sorride e piano piano smetto di guardarla.
E molte volte, niente, mi riempiono il bicchiere, senza pause, la cena diventa un rituale collettivo dove l'unico scopo è quello della sbronza finale. 
Mi invade una pastosa disperazione, la stessa che provavo dopo aver annusato di nascosto le mutandine di mia sorella in lavanderia, a sedici anni, un senso di male infinito e incurabile, come se si vivesse solo per disperare.
L'acquazzone ci impone di restare in casa, e ho tutto il tempo di guardarli, li ho guardati bene in faccia, ho guardato questo gruppo di quarantenni stempiati, plurilaureati, affacendati sul telefonino, attenti alla camicia, ammiccanti con la moglie dell'altro, esperti di cinema, esperti di viaggi, esperti di cene come questa.
Ne sono parte, devo ammetterlo, ne sono inesorabilmente parte.
Siamo sedici, tra tutti, ma a me disturba la Gina, continua a far finta di mangiare il mascarpone e mi lancia delle occhiate di sbieco, che se mia moglie non ce la mettesse tutta per escludermi e parlare di lavoro con Beppe, che son due insegnanti, magari se ne sarebbe accorta.
Controllo nel taschino, tre sigarette, bene, sono importanti, per dopo, sono carico per l'uscita.
Si allontanano le sedie dal tavolo, si creano i gruppetti, io non parlo molto o meglio, cerco di ripartire le attenzioni in modo equo, per ricordare che ci sono, ma il dialogo più importante è quello silenzioso, lei mi chiede di seguirla, è un gioco rodato, sono anni che stiamo sulla soglia, così borghese, della storiella extraconiugale.
Mi piace capire che nè io nè lei siamo a nostro agio, qui dentro.
Poi mi sento urlare:
- Il dalmata è un cane di modestissima intelligenza, al limite dello stupido! 
Mi sento di affermarlo, la mia ex ne aveva uno. Mia moglie mi guarda piena di compassione, scuote la testa e riprende a disperdere la sua attenzione altrove. Silenzio. Non sapevo che Roger, il vecchio dalmata del proprietario di casa fosse morto proprio il mese scorso lasciando un vuoto in casa Tassinari - Trini. 
Ecco, ora che ci penso, avevo percepito all'ingresso, meno tanfo di cane. Comunque non stavo certo esprimendo un giudizio sul VOSTRO dalmata, ma sul dalmata generale, dannazione!
La Gina ha dunque fatto questo suo delizioso mascarpone, molle, con molto cioccolato fondente a pezzi grossi, fa i migliori dolci qua dentro.
- Vado in cucina a prendere l'altra ciotola! Lo dice così, per dire, tanto non la ascoltano, tutti sono  molto concentrati a parlare. Mi guardo intorno e mi alzo, vado in bagno, dovrei andarci, poi mi trovo in cucina è tutto aperto, lei è di spalle.
Gina non si volta, mi fa cenno di avvicinarmi, mi appoggio da dietro, la annuso sulla nuca, siamo praticamente a una parete da tutti, ma è un automatismo aprirmi la lampo e cercarla sotto, a tatto, di nascosto.
Si alza la gonna e la cerco, sposto il perizoma in pizzo, sento l'entrata viscida e tiepida. Scopiamo così, in piedi, con la porta aperta, non entro neppure del tutto,  spingo da dietro e lei, che si appoggia al tavolo, reagisce ai colpi, si inarca appoggiando la testa sulla mia spalla e si punta per spingermi contro il culo tondo e soffice.
Ci lasciamo cadere sui piatti, gran casino, brusio fuori, ma è un attimo, come aver già finito.
Si alza il coro: MAS- CAR- PO- NE! MAS- CAR- PO- NE! MAS- CAR...
- Puoi venire dentro
Sappiamo che è da chiudere ora, mi sfilo, le resta una chiazza rossa sul collo dove l'ho morsa. 
Si schiarisce la voce abbassa la gonna con veloci scatti di anca.
Io mi chiudo, vorrei lavarmi, ma non c'è tempo. Potremmo continuare in un albergo, altre venti, trenta volte, ma non ne varrebbe la pena.
- è stato bello sussurra
- Si molto! Raccolgo due euro che mi sono caduti a terra
- Eran vent'anni che aspettavo
- Io forse qualcuno in più 
- Son sempre sola il giovedì, così per dirti, a casa mia
- Al prossimo anno, Gina.
- Portiamo il mascarpone?
- Si
Torniamo in sala, mia moglie parla di governo e tagli alle scuole, mi sorride appena di sbieco, per la prima volta, stasera.
Sono contento di essere qua, sarà solo un'altra cosa da tenere nascosta, come quando a sedici anni, in lavanderia, annusavo le mutandine di mia sorella di nascosto dal cestone dei panni.

Nessun commento:

Posta un commento