sabato 21 settembre 2013

Cassetto n°102

Porto 16/09/13
Dovrei vivere sempre così, di traverso nel letto di qualche ostello, in mutande.
Un viaggiatore crede di occupare meno spazio, come un pezzo di sapone avvolto in un fazzoletto, mi rifletto sulle vetrine dei baretti, nei Ray Ban dei turisti e schiaccio poca polvere trascinando le impronte delle Vans: sembrano mille minuscole stelle di David.
Mi sento fiero dei piedi pesanti, dei calli come un timbro di conformità, vesciche come fogli di via, mi sento uno, come il primo, uno nuovo.

Oggi ho solo voglia di lasciare i posti in fretta. 
Non scrivo nulla sul registro, aperto come una tagliola, al banco della reception. Cerco di lasciare poco di me, al limite cerco di lasciare gli occhi e tratto male le camere d'albergo, le tratto malissimo.
In viaggio parlo poco, il silenzio lo sento posarsi la sera, nella pelle delle labbra che si appiccicano, incollate, capisco quanto silenzio ho preso quando devo bere o lavarmi i denti e quelle labbra si strappano e rompono le cartine, sono fatte per stare chiuse, appoggiate insieme.
Ho iniziato a farmi le sigarette con te, quella dei raggi-x, imperscrutabili, che leggevano di dentro, ti ho vista di spalle che cadevi nel sogno di poco fa e non so se ti facevi male, so solo che cadevi e avevi dei capelli lunghissimi, che non hai.
Sono senz'altro una sardina, qua a Porto, steso al sole in mezzo alla città faccio uno schizzo a penna del ponte in ferro, un disegnino blu sbilenco e il foglio si buca e cerco con le mani il fantasma che nasconde le cartine nello zaino, vive in questo quadernino per scrivere.
Domani riparto, mi pesano i giorni sugli occhi, ma ho deciso che in Portogallo non ci lascio niente.
Io, secondo me, anche oggi ho rubato.

1 commento:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina