martedì 24 dicembre 2013

Cassetto n°112

Addobba l'albero di Natale, alla Feltrinelli, ha un buco dentro enorme, lo chiama la Cosa. 
Filippo non riesce neppure a darle un nome per quanto lo assorbe, sta Cosa. Gironzola per gli scaffali, suddivide i volumi, i clienti gli sorridono, sbircia il titolo di quello che hanno in mano. 
Poi scappa, torna agli addobbi, gli han detto esattamente come farlo, l'albero. Qua ti dicono come fare tutto: poche palline, solo argentate e sotto devi metterci il nuovo di Fabio Volo, tra le lucine, frega niente se non approvi, c'è il budget di Natale da rispettare!
Lui lo metterà lì sotto, Fabio Volo, ma circonderà il libro di pecorelle del presepe: chi vuol intendere intenda…piccole rivincite da nerd.

Torna a lavorare mentalmente sulla Cosa, è come se lui volesse trovare delle immagini per riempirla, sta Cosa, senza riuscirci. La forza che lo attrae verso la Cosa è la sua spinta più forte: lo mette a tavola, lo fa alzare, gli fa lavare capelli e denti. Ha cominciato a darle quel nome sei mesi fa, mentre gli spiegavano il lavoro di commesso di libri e lei era già lì. Da prima di lui. 

La sua collega Rachele è la Cosa, o meglio, lo spazio tra loro, l'essenza di quello che non hanno mai detto, i posti che non han visto assieme, il vuoto. 
Rachele non sa neppure che lui esista, per questo la Cosa è tanto forte, eppure restano due cerchi vicini, fino a tardi, che riordinano scaffali, due centri che non coincidono, ma dovrà pur passare qualcosa, dovranno pur essere, in qualche modo, più legati, ora? 
Vuole pensarlo, di poterla legare con uno spago invisibile, mentre scandisce il suo lavoro, lei lo assiste e il giorno che ha dimenticato un intero scatolone di guide in magazzino, l'ha pure coperto, col capo:
- Non era arrivato nulla stamattina, ritardo del corriere. disse lei, e via, una strizzata d'occhio.

Alle otto si chiude, per Rachele, c'è sempre qualcuno che aspetta fuori: ragazze, ragazzi, amici, professori, cani, e allora Filippo smonta di fretta, si sfila dal negozio col magone e si infila in un caffè a scrivere. Incide parole sul taccuino coi mozziconi di matita che trova in negozio, finché anche il locale non chiude e lo mandano via, simpatici, senza pagare il caffè. 
Lui torna all'appartamento, rilegge quello che ha scritto e lo trova perlopiù senza senso ed è felice, solo di poterla rivedere, la mattina dopo. 
Non è vita, nel complesso, ma chi vive mai? Si ripete e spegne la abat-jour. 
Nell'appartamento lui ci dorme soltanto, è al quarto piano in centro, ben nascosto dal mondo. Andrebbe a vivere alla Feltrinelli gratis, fosse per lui.
Roberto, il capo, lo sa: quel ragazzo ha letto tutto, dice, ti venderebbe il libro che hai appena restituito in biblioteca!
Lei in un angolo sorride, a lei Filippo sta simpatico, ma non vuol starci troppo da sola. Sente la Cosa anche lei, la cosa è forte, galoppa tra loro, come un animale che segue una diligenza sulla neve, aspettando solo che cada qualcuno. 
Ha tante ferite anche Rachele, le cura con tenacia, come per spezzare un vecchio legno secco poco per volta, perché le piace l'ordine, trovare le cose dove le ha messe, per questo preferisce evitare le persone interessate. Le persone serie, almeno.
Resta a un passo da tutti, scopa con chi vuole con chi deve e mette via le cose per potersi pagare il lusso di non farlo quel passo verso qualcuno. Per essere una persona sola.
Filippo le lascia dei messaggi nella Divina Commedia illustrata da Gustave Doré, che tanto non la compra né la apre mai nessuno, dei piccoli foglietti gialli piegati. Lei non sa se la cosa le piace, ma va avanti a raccoglierli e a leggerli.
Il contenuto non cambia molto, non sono invadenti, sono piccoli quadri della situazione, sono appunti della giornata:
Tipo - La signora Berti non può leggere tutti i libri che compra.
Tipo - Stamattina qualcuno ha rubato una Moleskine
Tipo - Quanti caffè oggi per Roberto? Io dico almeno sei

La routine taglia a metà il tempo, e la vita scorre obliqua, arriva la neve, arriva il 22 dicembre. 
Lei si mette sulla porta, come per dire, eh no adesso ti devi fermare ehi, tu, devi alzare gli occhi dal catalogo.
Una botta, incontrarsi è come sfregare due sassi, qualcosa si sbriciola e si sente quel' odore di fuoco o di pioggia al freddo. Non fosse un momento tanto serio, di quelli che la realtà torna dritta sui suoi piedi, verrebbe quasi voglia di ridere.
Ma restano in silenzio, poi è Rachele: 
- Perché in quei biglietti non ci scrivi mai qualcosa di tuo?
- Ma sono...cose mie
- Allora riformulo, perché non mi inviti a prendere un caffè?
- Perché io qui non ci sono. Io vado e sparisco, ogni sera, nel mio ascensore. Son qui solo per vederti, non per conoscerti
- Allora se ti ritrovi, stasera, io sono a correggere dei compiti alla cascina, ai Giardini Pubblici.
- Potrei passare, se trovo il coraggio, ora...ho dei cataloghi da catalogare, mi devi scusare...
- Passa, ho tenuto tutto il tempo per te

La sua voce non ha  mai avuto quella tonalità, ha la voce di chi non parla mai con nessuno,mai davvero. Filippo cerca di spostarsi che quelle parole non lo trafiggano, ma è tardi, sono arrivate a bersaglio.
Rachele non può controllarlo, non in quel momento. Lui deve, lei deve, ma non l'ha invitato per questo motivo e poi sono le dieci, le dieci e la giornata è già finita-

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