sabato 22 febbraio 2014

Cassetto n°118

Di solito non parlo di fatti accaduti a me in prima persona, ma oggi me n'è capitato uno che merita attenzione così com'è.
Sono a duecento chilometri da casa, passeggio per un paesino dei colli Euganei: Arquà Petrarca, le stradine ciottolose in salita convergono tutte in una piazzetta, che è più che altro un crocevia di strade sotto un loggiato. Il paesino è un piccolo insediamento di vecchie case in mattoni inserito tra i "borghi più belli d'Italia" e qualche bar e negozio di prodotti tipici, buono solo per turisti.
Vi consiglierei di provare il liquore al brodo di giuggiole, se passate di qua, è buono ma sappiate che contiene anche succo di melograno e almeno altre tredici cose.
Sono qua nelle vesti di turista, la mia ragazza, invece, in veste di partecipante alla convention della ditta di vendite online per cui lavora.
Il centro è deserto, ma gironzoliamo le poche vie principali, non siamo praticamente mai d'accordo su qualche via imboccare, io preferisco le salite, lei giustamente no. 
Non so perché le salite mi danno sempre l'idea di meritare il meglio. La casa del Petrarca costa 4 euro a testa e non pare valerne decisamente la pena.
L'albergo, a venti chilometri da qui, ha le terme interne, quindi l'idea di un bagno prima della regolare chiavata e della cena a buffet nel salone, ci alletta molto.
Poco prima di tornare alla macchina, le chiedo di svoltare per una viuzza obliqua, lontano si vedono due ragazzi soli, fuori da un'osteria, seduti su delle botti, poi non si vede nulla perché la via è davvero obliqua rispetto alla nostra posizione. Non li noto particolarmente, rilevo il loro abbigliamento molto alla moda a dispetto del contesto bucolico in cui ci troviamo.
Pochi passi a zig zag in avanti e succede quel  qualcosa di quando registriamo un volto noto, il riconoscimento avviene per fasi velocissime e dirette, ma a tratti per nulla fluidi. Parto dalla sua montatura degli occhiali,  tondi in osso: design tra il vintage e il fighetto. 
Mi trovo davanti un ragazzo conosciuto a Poet's Hostel di Porto, sei mesi fa. Dividemmo una camerata da 8, parlando un po' di libri e fumando qualche canna nel terrazzino, per due giorni. Lui era in viaggio col fratello minore, io cercavo di rilassarmi un pò come turista, cosa che fatico sempre terribilmente a fare. Un ostello che impiegai un'eternità a trovare e più di una volta fui sul punto di scartare. Siamo i soli in questo paesino visitato come deviazione stradale, in modo totalmente causale, in questa via imboccata in modo altrettanto estemporaneo. 
Mi riconosce subito anche lui, passando le stesse veloci fasi di cui parlavo prima, stupore di noi due, sguardi stupiti delle rispettive accompagnatrici. 
Non è difficile passare dal - ma porca troia, pensa te! al - beviamoci su qualcosa
Ci spostiamo sul retro, in un giardinetto interno che dà sui colli, dove l'oste ci appesta con infinite descrizioni dei vitigni dei suoi vini e delle inaspettate difficoltà coi fornitori insite nel suo mestiere.
Si brinda e si fuma la sigaretta e dopo le presentazioni di rito, ci si trova a parlare ognuno dei propri cazzi.
Il posto è carino, i tavolini orrendi, e mi accorgo di concentrarmi soprattutto sui tavolini e sulla mia voglia di andarmene.
Io lavoro, lui è dottorando a Bologna, la mia ragazza studia e lavora, la sua ragazza va a Berlino in Erasmus di filosofia.
Fine.
Rifletto sulla stranezza di aver incontrato Andrea, ragazzo che anche a Porto mi aveva colpito per intelligenza e spirito, ma al quale ora, fuori dal contesto vacanziero, non so davvero più che dire. L'incontro era già completo nel momento dello sguardo, questa è la verità, nessun bisogno di dare un senso al caso.
Ho un pessimo orientamento, ma perdendomi, mi capita continuamente di fare di questi incontri, tanto da chiedermi quante cose non vivrei rispettando ordine, liste e mappe.
La casualità con cui continuo ad incontrare qualcuno torna sempre a stupirmi, ricordo che mi pareva assurdo, già alle medie, aver incontrato sulle Dolomiti, l'unica compagna di classe con la quale non avevo mai parlato. Ma ci si abitua in fretta a ragionamenti che non condurrebbero a nulla e ci si saluta augurandosi di rivedersi, cosa che non avverrà praticamente mai.


Queste sciocchezze non avvengono per nessun motivo particolare o senso misterioso, capiterà due o tre volte nella vita: intrecciamo casualmente la strada di persone con la quale abbiamo già intrecciato la strada altrettanto casualmente. Non c'è alcun mistero, vale la pena di prendere questa cosa come conseguenza della collocazione limitata di un corpo in uno spazio limitato: il mondo, e questo è tutto quello che mi sento di dire per ora sull'argomento.

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