venerdì 27 novembre 2015

Cassetto n°163

La cosa che mi scoccia di più, che mi urta, è che ho fatto questo tuffo solo per dovere
Già è notte, salgo su per ogni scalino chiedendomi chi diavolo me lo abbia imposto, poi, arrivato in cima, capisco che sono solo io, a volerlo fare.
Il tuffo del Diavolo lo fanno tutti, di notte, poi io sono cresciuto qua e sono l'unico a non aver mai provato, anche le ragazzine di quindici anni lo fanno, decine di volte, ogni notte.
Qua è una specie di consuetudine, un rito. Arrivato in cima non si vede nulla, la pozza sotto è profonda otto metri e non ci sono rischi. Dicono.
Non ci sono rocce, non c'è nulla, vedrai che bello che è, è come una doccia al contrario, dal basso.
Che poi c'è Francesca, bruna, occhi grandissimi, che brillano, la luna, dentro a quegli occhi, mi sento forte, coraggioso.
E lo faccio. Si sale su un muretto di una villa privata, è sempre disabitata, sono dei ricchi, vengono qui pochi giorni all'anno, dal muretto si sale su per cinque gradini e si arriva al trampolino, in pietra, ci sono incise le iniziali nel cemento, di quelli che lo costruirono.
Le tocco, sento sotto i polpastrelli, le loro quattro lettere e mi chiedo se ho paura. Sento di si, ma io ho paura sempre, mi dico, ho paura anche a scegliere il minestrone al supermercato, verdure fresche o congelate? Forse meglio un barattolo di zuppa, solo da scaldare?
Sono in alto, il vento di maggio è tiepido e porta odore di pino e di disinfettante, l'acqua è fredda, lo so, è sempre fredda, anche a luglio, ed odora di disinfettante, rassicura dicono, il vuoto ti chiama, come una mamma.
Provo a guardare sotto ma non vedo nulla, li sento tutti e sei: Antonio, Nicola, Francesca, Carlo, Giulia e Francesca. Qualcuno stappa una birra e io sono quassù.
Penso che non dovrei farlo, ma non posso scendere, perché sono sempre così dannatamente indeciso?No lo farò. Li ho visti, è un volo brevissimo, sembrano andare giù come sassi, ed entrano in acqua dritti e veloci. Riemergono sempre sorridenti.
Provo a piegare le ginocchia, la destra trema, mi raddrizzo.
Lo farò a bomba, se mi devo rompere meglio il culo delle gambe, mi dico.
Il vento si ferma, è ora che devo farlo, le chiome dei pini, alte, massaggiano il cielo nero chiazzato di nuvole e latte. E la luna, una scottatura nella pozza di acqua sotto di me, chissà se riuscirò ad entrare esattamente nel riflesso della luna.
Sono nel vuoto, nessuno parla, solo la cascatina a valle continua a scrosciare in eterno.
Rompo il filo dell'acqua in un attimo, sono obliquo, poi sento caldo alla testa, un botto, come se esplodesse una bottiglia di fianco alla mia testa.
Sento un'aureola calda, intorno alla faccia, la bocca si riempie di quel sapore, come di pallonata in faccia, come masticarsi mentre si addenta una bistecca.
Sento che vado sotto e qualcosa di freddo entra nella testa che continua a perdere peso.
Vado giù
Vado giù
E apro gli occhi e non è poi così buio, vedo un cerchietto luminoso, in fondo alla pozza: delle chiavi, una moneta? Forse è lì che devo andare, che sto andando.
Allora raccolgo le gambe e le incrocio, le metto ad x, tengo le caviglie e continuo a scendere, lato destro, comincio ad arrotolarmi, a girare.
Non mi importa di nulla, forse solo di non vedere Francesca, dopo.
E continuo a scendere, verso la seconda luna incastrata in fondo a questa pozza.


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